Il ruolo dei fattori psicologici
nell'etiopatogenesi
dell'infertilità maschile


Giampiero Morelli  *


Pubblicato in: Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria, n° 28/29, giugno-dicembre 1996, pagg. 45 - 48






Fin dall'antichità la sterilità è stata pregiudizialmente attribuita alla componente femminile della coppia e ancora oggi è consuetudine che in caso di mancata procreazione vengano eseguite indagini sulla fertilità femminile. La fertilità maschile è messa in discussione secondo un criterio di esclusione.

Solo recentemente, anche a causa del progressivo deterioramento delle caratteristiche seminali maschili, si è potuto verificare che, sostanzialmente, l'infertilità si distribuisce in egual misura tra maschi e femmine.

Non sembra quindi sorprendente che anche la ricerca sul ruolo dei fattori psicologici nell'etiologia dell'infertilità si sia indirizzata prevalentemente verso lo studio della donna. In un articolo sull'infertilità psicogena (Pantesco,1986) furono prese in considerazione oltre trenta ricerche dal 1942 al 1983. Come rileva l'autore, soltanto in una ricerca il campione era composto esclusivamente da soggetti di sesso maschile. Questo dato ci sembra piuttosto indicativo. In effetti, la ricerca sui fattori psicologici, potenzialmente correlati con l'infertilità maschile, appare ancora in una fase, per certi versi, pioneristica (Edelmann et al.,1986; Wright et al.,1989) sia rispetto allo studio dei fattori psicologici coinvolti nell'etiopatogenesi dell'infertilità femminile che nei confronti della ricerca sull'impatto psicologico dell'infertilità e della diagnosi di infertilità sulla relazione di coppia e sui singoli partner (cfr. Scatoletti). Più in generale, a prescindere dalla modesta attenzione nei confronti dell'infertilità maschile, la ricerca in questo campo, almeno fino agli anni '70, aveva prevalentemente un carattere aneddotico e non sistematico. Solo negli ultimi anni i ricercatori si sono dimostrati più rigorosi da un punto di vista metodologico, sia per l'uso di strumenti standardizzati che per le dimensioni del campione. Resta il fatto che l'indagine intorno al ruolo dei fattori psicologici nell'etiologia dell'infertilità maschile appare in una fase decisamente sperimentale. Infatti, anche se l'ipotesi che i fattori emotivi possano svolgere un ruolo rilevante nell'etiopatogenesi dell'infertilità sembra riscuotere un certo consenso da parte della comunità scientifica, a tutt'oggi l'unico dato su cui i ricercatori sembrano concordare riguarda l'influenza dello stress cronico sulla spermatogenesi (Stauber,1979).

Non sono ancora del tutto noti i meccanismi di azione dello stress sulla spermatogenesi, tuttavia, è chiaramente riconosciuta l'influenza del sistema nervoso centrale sulla regolazione dei neurotrasmettitori e degli ormoni come, ad esempio, la prolattina e l'FSH. Un ruolo importante potrebbe anche essere svolto dalle endorfine che sono in grado di bloccare la secrezione delle gonadotropine. La relazione tra stress cronico o acuto e spermatogenesi (Stauber,1979; Agostini et al.,1979) sembra sufficientemente confermata dagli studi condotti su soggetti sottoposti a condizioni altamente stressanti, come una condanna a morte, l'internamento in campi di concentramento, l'esperienza della guerra (Walker,1978; Carenza et al.,1979; Urry,1977; Sandler,1968; Mc Fall,1979). Non solo esperienze limite come la condanna a morte hanno potenti effetti sulla spermatogenesi ma anche condizioni legate al quotidiano, come nel casi di soggetti sottoposti a stress cronico o acuto sul lavoro, in famiglia o in altri aspetti dell'esistenza (Stauber,1979; Kreuz et al.,1972; Amelar et al.,1977; Palti,1979; Boyarsky et al.,1983; Negro,1993). In tutte queste ricerche i soggetti presentavano una condizione di azoospermia o oligospermia transitoria che variava al modificarsi delle condizioni stressanti. In altre ricerche è stato evidenziato un significativo miglioramento dei parametri seminali a seguito della somministrazione di placebo o successivamente ad un trattamento psicoterapeutico al fine di alleviare una condizione di stress e di ansia (Zondek et al.,1948; Kleegman et al.,1966).

A parte l'evidente influenza della stress sulla spermatogenesi la ricerca intorno ai specifici fattori psicologici o tratti di personalità in grado di interferire con la fertilità non sembra aver raggiunto dei risultati particolarmente soddisfacenti.

Da un attento esame della letteratura degli ultimi 20 anni, emerge un quadro piuttosto confuso e contraddittorio sia per quanto riguarda i risultati delle ricerche sia rispetto alla metodologia seguita.

Ricerche

Abbiamo preso in considerazione ricerche successive al 1970 per un totale di 10 lavori pubblicati tra il 1972 e il 1990 (Vedi tabella1). Abbiamo escluso le ricerche che utilizzavano esclusivamente soggetti di sesso femminile, limitandoci a esaminare i lavori che presentavano campioni maschili o misti.

Tabella 1


1) FUN= Infertilità funzionale, 2) ORG= Infertilità organica 3) IMP= Cause infertilità non identificate 4) SUS= Infertilità sospetta, 5) O= Differenze non significative tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo 6) O= Differenze significative tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo, 7) OF= Differenze significative del campione femminile rispetto al gruppo di controllo.


Risultati

Complessivamente i soggetti infertili di sesso maschile, come si può vedere dalla tabella1, sembrano presentare un maggior disagio psicologico rispetto ai soggetti fertili. Risultano significative 12 delle 41 (29.3%) variabili misurate. Le differenze più significative riguardano la correlazione tra le variabili seminali/ormonali e le variabili che misurano l'adattamento psicologico/sociale, gli eventi stressanti e l'estroversione (Hellhammer et al.,1985, Huber et al.,1985). Inoltre, i soggetti infertili, anche se in modo più accentuato nel campione femminile, presentano un elevato livello di ansia (Platt et al.,1973; Harrison et al.,1986; O'Moore et al.,1983; Kedem et al.,1990) ed una bassa autostima (Platt et al.,1973; Kedem et al.,1990). La depressione e i disturbi della sessualità non sembrano in grado di discriminare i soggetti fertili da quelli infertili (Bell,1981; Mai et al.,1972a; Mai et al.,1972b; Kedem et al.,1990; Hellhammer et al.,1985), mentre i disturbi della relazione di coppia sembrano più frequenti nelle donne infertili, sia rispetto al campione maschile che nei confronti del gruppo di controllo (Harrison et al.,1986; O'Moore et al.,1983).

Nella valutazione di queste lavori ci sembra che l'indagine sulla relazione tra variabili biologiche (seminali e ormonali) e psicologiche si possa caratterizzare come l'ambito di ricerca più interessante e promettente.

Secondo Hellhammer (1985) e Huber (1985), gli uomini infertili o ipofertili presentano punteggi più elevati nei test che misurano la capacità di risposta (coping) allo stress, l'estroversione e l'adattamento sociale, mentre i soggetti depressi e/o con tratti nevrotici, presentano indici di fertilità migliori.

Il campione delle due ricerche (rispettivamente 117 e 101 soggetti) era composto da uomini sposati che si erano rivolti, a causa di un sospetto di infertilità, ad un centro per lo studio e la terapia dell'infertilità per effettuare l'analisi del liquido seminale. Nella prima ricerca (Hellhammer et al.,1985), vennero misurati i parametri seminali, i livelli ormonali e alcuni tratti psicologici quali l'umore, la socialità, l'aggressività, l'ansia, l'estroversione, la capacità a resistere agli stressor, etc. Le diverse variabili furono correlate tra di loro. Il campione sperimentale era composto da soggetti che, a seguito delle analisi seminali, risultarono infertili (41), mentre il gruppo di controllo raggruppava i soggetti risultati fertili (73).

Nella ricerca successiva (Huber et al.,1985) furono misurati i parametri seminali ed ormonali di soggetti, che contemporaneamente vennero sottoposti ad un test di personalità allo scopo di differenziare soggetti con una struttura di personalità di tipo psicosomatico da quelli con una personalità nevrotica.

Dall'analisi dei risultati della prima ricerca, sembra che i soggetti più estroversi, con un maggior adattamento sociale ed una risposta allo stress di tipo attivo (active coping) presentino una minore fertilità rispetto ai soggetti caratterizzati da un adattamento passivo allo stress e da una personalità di tipo nevrotico. Studi sperimentali su animali, effettuati per evidenziare gli effetti dello stress sulla funzione gonadica, sembrerebbero confermare la correlazione tra adattamento attivo allo stress ed una minore funzione testicolare (Hellhammer et al.,1984).

Dall'analisi dei dati della seconda ricerca, sembra che i soggetti infertili o ipofertili presentino caratteristiche di personalità sovrapponibili a quelle dei pazienti psicosomatici che sono caratterizzati da una relazione rigida con la realtà a da un iperadattamento alle strutture sociali e ai valori dominanti (personalità superegoiche). Diversamente, i soggetti che presentano tratti depressivi, nevrotici e si dimostrano più introversi, evidenziano indici di fertilità migliori.

Questi dati sembrano dimostrare che tra i fattori sottostanti alla condizione di infertilità bisognerebbe includere la tossicità esistenziale (stile di vita e di risposta allo stress) oltre alla tossicità ambientale in senso lato.

L'ipotesi che uno stile di vita, caratterizzato da iperadattamento sociale, estroversione, autoassertività e risposta attiva agli eventi e agli stimoli esterni, possa essere correlato con una bassa fertilità, ci appare piuttosto suggestiva. Non ci sembra così sorprendente che in una società che premia e valorizza atteggiamenti centrati sulla realizzazione e l'affermazione individuale la funzione riproduttiva segni il passo o sia relegata sullo sfondo. In effetti, come sottolineano diversi autori, la cronica attivazione di risposte adattative allo stress, volte alla sopravvivenza individuale, può interferire negativamente, da un punto di vista biologico, con la funzione riproduttiva (Pancheri, Zichella,1987; Deragna et al.,1994).

Tuttavia, sia Hellhammer che Huber ritengono che questi dati debbano essere considerati con cautela, da una parte per l'estrema variabilità nel tempo dei parametri seminali e dall'altra per evitare di correre il rischio di confondere le cause con gli effetti. Infatti, anche se i test utilizzati in queste ricerche, tendono a misurare atteggiamenti e caratteristiche di personalità abbastanza stabili nel tempo, è possibile supporre che questi dati possano essere il risultato di una attiva compensazione sociale da parte dei pazienti in risposta a dubbi e timori rispetto alla propria capacità riproduttiva.

Aspetti metodologici

Nel tentativo di valutare questi lavori da un punto di vista metodologico, condividiamo le diverse critiche che vari autori (Wright et al.,1989; Edelmann et al., 1986; Graziottin,1989) rivolgono a coloro che si sono occupati della ricerca in questo ambito e che riguardano:

a) la durata dell'infertilità. In quasi tutte le ricerche i soggetti non sono stati esaminati al primo contatto con le strutture mediche, in assenza quindi di una precisa diagnosi, ma in un momento successivo ad una diagnosi di infertilità e in alcuni casi durante il trattamento terapeutico. Solo in tre ricerche (Kedem et al.,1990; Hellhammer et al.,1985; Huber et al.,1985), i soggetti vennero valutati in una fase iniziale dell'iter diagnostico. E' evidente, visto il forte impatto emotivo e psicologico di una diagnosi di infertilità, il rischio di confondere le cause con gli effetti;

b) diverse ricerche hanno preso in considerazione categorie diagnostiche poco indicative. Nella maggior parte dei casi (sette ricerche), non venne fatta nessuna discriminazione tra pazienti organici e funzionali. Solo in due ricerche il campione sperimentale era composto da pazienti infertili su base funzionale (Mai et al.,1972a; Harrison et al.,1986);

c) il gruppo di controllo presentava spesso numerosi problemi. Non sembra corretto comparare soggetti infertili con soggetti fertili, come ad esempio i donatori o le coppie in attesa di un figlio. Lo stesso atto di rivolgersi ad un centro medico per l'esame del liquido seminale, a fronte di un dubbio circa la propria fertilità, costituisce di per sé una variabile molto importante. Ne consegue la necessità di selezionare adeguati gruppi di controllo;

d) la mancanza di chiare ragioni teoriche che giustificassero le misure utilizzate;

e) alcune ricerche presentavano campioni sperimentali numericamente poco consistenti (O'Moore et al.,1985; Harrison et al.,1986; Platt et al.,1973; Mai et al.,1972).

f) non tutti i ricercatori hanno utilizzato metodi standardizzati. Ad esempio, l'intervista semistrutturata (Mai et al.,1972a-b) non consente l'affidabilità e la validità delle rilevazioni.

In conclusione, ci sembra di poter sottolineare che, se si esclude forse la ricerca sui rapporti tra stress, coping e parametri seminali, non emerge nessun rapporto univoco ed esclusivo tra uno specifico tratto psicologico e l'infertilità. La difficoltà nel definire il ruolo dei fattori psicologici nell'etiopatogenesi dell'infertilità si può forse spiegare, a prescindere dagli aspetti metodologici suddetti, con l'insistenza, da parte di molti ricercatori, a collocarsi all'interno di un paradigma riduzionistico che opera una netta distinzione tra infertilità psicogena ed organica. Appare più logico, considerando la grande variabilità e complessità degli eventi coinvolti nello studio della fertilità umana, collocare i disturbi della fertilità all'interno di un modello orientato in senso psicosomatico. Questo, dovrebbe indurci "ad uno studio articolato sui rapporti mente-corpo, che eviti le insidie della ricerca di improbabili rapporti esclusivi tra singola causa ed effetto e si apra invece ad un concetto etiopatogenetico multifattoriale" (Graziottin, 1989).

* Psicologo, Psicoterapeuta - Centro Internazionale di Diagnostica - Medicina della riproduzione.



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