Effetti intrapsichici dello stigma
Lo stigma è caratterizzato, secondo Goffmann ( 1963, p. 212 ) da tre condizioni: "le
persone stigmatizzate sono percepite come omogenee tra loro; un'ampia varietà di
interpretazioni e valutazioni negative è assocìata alla categoria sociale stigmatizzata;
la caratteristica del gruppo stigmatizzato è percepita come predominante, ad es. come la
caratteristica che spiega di più l'individuo". Goffmann (1963) ha identificato le
conseguenze personali degli individui che riconoscono il proprio stigma: dubbio e
autosvalutazione, riorganizzazione dei propri obiettivi e cambiamento nella concezione di
sé e nelle scelte relazionali. Gli effetti dello stigma prendono forma attraverso un
processo intrapsichico che modifica la propria costruzione della realtà sociale. Durante
questo processo, il sistema personale di valori è scardinato e poi ricostruito e
integrato in un sistema nuovo e differente. Fein e Nuehring (1981, p. 5) commentano:
"Quando acquisisce lo stigma, l'individuo è posto in una categoria sociale poco
esaustiva per molti aspetti della autodefinizione. Le interpretazioni e le valutazioni
sociali che descrivono questa categoria interferiscono con il proprio sistema di
valutazioni; ad es., le motivazioni e il comportamento, sia passati sia presenti, saranno
reinterpretati alla luce dello stigma. Le persone omosessuali non riusciranno a pensare
che saranno valutate in base alle loro capacità ma piuttosto che saranno giudicate alla
luce della loro omosessualità. Saranno indotti continuamente a considerare e a prevedere
le implicazioni che avrà il loro orientamento sessuale in quanto ne anticiperanno la
partecipazione a tutte le aree della vita". Quando la persona scopre o ammette
l'appartenenza ad un gruppo stigmatizzato, non riesce a credere che gli stereotipi
negativi possano essere applicati a se stessi. Ad es., un ragazzo gay può trovare assurdo
che una bella cosa come il sesso sia considerata squalificante quando è compiuta con
persone dello stesso sesso. Così come può ritrovare poco veritieri anche positivi luoghi
comuni come quello che vuole gli uomini gay dotati di temperamento artistico. La crisi è
seguita da tentativi di ricostruzione; si cerca di mettere ordine agli stereotipi e di
trovare modi efficaci per ricostruire la propria realtà sociale.
Identità personale e di gruppo
I1 movimento per i diritti gay ha portato alla ridefinizione di gay e lesbiche come gruppo
di minoranza, comparabile ad altri gruppi oppressi. Uomini gay e donne lesbiche hanno
incominciato a pensarsi come membri di una minoranza, che condivideva problemi simili a
quelli di altri gruppi minoritari oppressi. Walters e Simoni (1993) hanno esaminato lo
sviluppo dell'identità di gruppo di gay e lesbiche, prendendo come modello quello dello
sviluppo dell'identità afroamericana. Il processo della formazione dell'identità di
gruppo si articola in quattro stadi.
Nello stadio di "pre-incontro" (a favore degli altri; contro di noi), lesbiche e
uomini gay considerano l'eterosessualità come "normale" e migliore e quindi
svalutano la loro omosessualità e idealizzano tutto ciò che è eterosessuale. Nello
stadio di "incontro" (confusione su noi, confusione sugli altri), una iniziale
consapevolezza o un evento pongono domande sull'identità di gruppo, e prevale l'ansia
associata all'integrazione con una nuova categoria cognitiva. Nello stadio di
"immersioneemersione" (a favore di noi, contro gli altri), uomini gay e donne
lesbiche assorbono completamente la sottocultura gay e lesbica nel tentativo di
consolidare la loro identità di gruppo dirigendo la rabbia verso l'omofobia e
l'eterosessismo della società. Il raggiungimento dello stadio di
"internalizzazione" (a favore di noi, accettazione degli altri) è
caratterizzato da un'intisna sicurezza e da sentimenti di auto-realizzazione e di
auto-accettazione come risultato di un'identità di gruppo integrata.
Secondo Walters e Simoni (1993), la progressione attraverso questi stadi è associata ad
un positivo cambiamento nel concetto di sé e ad una più elevata autostima.
Secondo de Monteflores (1992), quando si confronta con la sua differenza rispetto ad una
cultura dominante l'individuo sviluppa una varietà di strategie, lungo un continuum che
va dall'accettazione al rifiuto, dal mescolamento alla differenziazione. De Monteflores
(1992) parla di "differenza istituzionalizzata" in quanto il gruppo
maggioritario ha il potere di istituire le norme dalle quali i gruppi minoritari sono
visti deviare. Sono quattro le strategie di "gestione della differenza"
analizzate rispetto alla minoranza gay e lesbica:l'assimilazione, il confronto, la
ghetizzazione, la specializzazione. La questione primaria dell'assimilazione è la
sopravvivenza; il processo di assimilazione consiste nell'imparare il linguaggio, i modi
di comunicazione e di gestione del gruppo dominante al solo fine di sopravvivere. La
tecnica privilegiata nell'assimilazione è il "passing" definito da Monteflores
(1992, p. 221) come "il tentativo di apparire come appanenenti al gruppo dominante
anche se non se ne è membri, al fine di evitare il rifiuto. Esso è un funzionale
processo di gestione del confine tra due gruppi e diventa disfunzionale solo quando c'è
un forte scollamento tra l'apparenza esterna e le convinzioni o sentimenti interni, cioè
`quando la maschera acquista una sua vita propria. La negazione di una basilare parte di
sé attraverso la manipolazione dell'apparenza spesso porta ad una dissociazione di sé,
che lascia solo vuoto e insicurezza. Ad es., una lesbica che sceglie di rimanere in
clandestinítà per paura di perdere il lavoro o uno status di prestigio può manifestare
il suo profondo senso di alienazione nell'alcolismo".
Il confronto consiste nella conoscenza e nel fronteggiamento della differenza attraverso
la visibilità e l'auto-affermazione. La tecnica primaría del confronto è il
"coming out". I1 processo del coming out richíede la trasformazione in una
forza di quelÌo che è considerato un apparente deficit. Il processo di coming out non
segue una semplice progressione lineare in quanto è influenzato da fattori ambientali,
professionali e dalla forza del legame con vari reti di supporto, come la famiglia o la
classe socioeconomica.
Per scelta o circostanza o entrambi, molti individui si ritrovano a vivere una parte
significativa della loro vita all'interno dei confini, geografici così come psicologici,
della subcultura con cui si identificano. I membri del ghetto compartecipano motivazioni e
obiettivi, condividono istituzioni e valori e creano una racchiusa rete di supporto.
Facendo questo acquistano credibilità all'interno del gruppo e, in cambio, ricevono
supporto e protezione. La ghettizzazione è una strategia che permette agli individui e ai
gruppi di convalidare e proteggere valori e percezioni differenti attraverso legami di
solidarietà con il gruppo.
Un'altra strategia di fronteggiamento della differenza è la specializzazione che avviene
con la reinterpretazione di se stessi come persone speciali o dotate di qualità uniche e
superiori. Un esempio può essere la tendenza di alcuni ad autorappresentarsi come persone
"esotiche". Essere visti come persone stravaganti ed "esotiche"
permette un gratificante senso di superiorità, che però sfortunatamente deriva dalla
forma e dall'apparenza esteriore e non dalla sostanza. Ad es., un ragazzo gay può essere
soggetto di vivace curiosità e di novità ad una cena di eterosessuali. Internalizzare
questo senso di essere "esotico" può essere temporaneamente confortante e può
essere un modo per fronteggiare la differenza, anche se alla fine è auto-svalutante.
Sentirsi persone dagli speciali talenti, sentirsi migliori per il fatto di aver soffeno a
causa del proprio stigma e per aver superato momenti difficili, sentirsi apparteneti ad un
gruppo eletto od esiliato sono altre strategie dí gestione della dífferenza attraverso
la specializzazione.
Autostima e stigma sociale
Molte teorie psicologiche ritenevano che i membri di un gruppo stigmatizzato avessero una
più bassa autostima. Nonostante questi presupposti teorici la verifica empirica di una
differenza tra gruppi stigmatizzati e non stigmatizzati nell'autostima è notevolmente
scarsa. Carlson e Baxter (1984), a proposito della minoranza gay e lesbica, non hanno
trovato nessuna differenza significativa tra uomini e donne omosessuali ed eterosessuali
per quanto riguarda l'autostima e la depressione. Questi dati, così come molti altri su
altri gruppi stigmatizzati contraddicono le precedenti riflessioni teoriche. Ciò non
significa tuttavia, che il pregiudizio e la discriminazione non sia, in qualche modo,
invalidante psicologicamente per il soggetto ma che sussistono dei meccanismi che
proteggono l'autostima globale nonostante il trattamento e le conseguenze negative dowte
allo stigma. Crocker e Major ( 1989) analizzano i modi attraverso cui í membri di una
categoria stigmatizzata tutelano il concetto di sé. Essi possono essere: (a)
L'attribuzione di un feedback negativo al pregiudizio contro il gruppo.
Facciamo un esempio: un ragazzo gay è stato valutato negativamente al lavoro; si
chiederà se l'evento accaduto è stato dovuto a sue inadeguatezze personali o se è
dovuto al fatto che il datore di lavoro è una persona omofobica e "razzista".
Questa ambiguità nella spiegazione dell'evento negativo permette di poter salvaguardare
il concetto di sé del ragazzo essendo la spiegazione "razzista" spesso
plausibíle. Riformulando le teorie dell'"helplessness" di Abramson (1978) e
dell'analisi attribuzionale delle emozioní di Weiner (1985),l'attribuzione di risultati o
eventi negativi a cause interne, stabili e globali, come la mancanza di abilità, porta ad
un abbassamento dell'autostima mentre l'attribuzione a cause esterne, come il pregiudizio
e il razzismo, protegge l'autostima. Ovviamente è anche vero il contrario: chi ha
inizialmente una più alta autostima è portato con più probabilità ad attribuire
esperienze negative al pregiudizio contro il gruppo. Anche l'attribuzione dei risultati o
feedback favorevoli può influenzare l'autostima: quando una persona interpreta un
feedback positivo come qualcosa avvenuto nonostante il pregiudizio, più probabilmente lo
attribuirà alle proprie abilità e al proprio merito. L'attribuzione di feedback
posítivi alla propria condizione di stigmatizzato, invece che ai propri attributi
personali, non aumenterà ma anzi farà decrescere l'autostima; ad esempio, un ragazzo gay
può credere che gli altri sono stati gentili o che l'hanno valutato positivamente perché
provavano compassione per la sua condizione o perché avevano paura di apparire persone
con pregiudizi. (b) La tendenza da parte dei membri del gruppo stigmatizzato a fare
delle comparazioni con i membri dell'ingroup.
I membri di un gruppo stigmatizzato possono trovare le comparazioni con i membri
dell'outgroup frustranti e potenzialmente in grado di abbassare l'autostima. Sono state
evidenziate, ad esempio, le ripercussioni sull'autostima che hanno le condizioni di
"segregazione" o di "integrazione" tra stigmatizzati e non
stigmatizzati. La segregazione degli individui stigmatizzati inibisce i confronti con i
membri dell'outgroup; i membri sono inconsapevoli delle valutazioni più negat:ive e non
awenono nessuna minaccia alla loro autostima. Questi presupposti spiegano la preferenza di
molte persone gay alla socializzazione e alla aggregazione con altre persone gay. E stato
tuttavia sottolineato come la "segregazione" inibisca le abilità sociali e
deformi la valutazione dello stigma sociale. (c) La sottovalutazione selettiva o
I'attribuzione di minor importanza nella propria autodefinizione delle dimerasioni per il
quale il gnrppo è stigmatizzato.
Ad escmpio, ci sono persone gay cho sottovalutano la centralità psicologica nella propria
autodefinïzione dell'orientamento sessuale; affermano che questo aspetto della loro
sessualità non ha nessuna importanza o preferiscono non "etichettarsi" sulla
base dell'orientamento sessuale. Tali differenze di valutazione permettono di capire
perché i gruppi stigmatizzati non differiscono dai non stigmatizzati nell'autostima.
Omofobia internalizzata
L'omofobia intemalizzata è un termine creato da Gonsiorek (1988) per indicare
"1'incorporazione da parte di gay e lesbiche dei bias antiomosessuali prevalenti nel
mondo sociale". Shidlo (1992) aggiunge: "l'omofobia internalizzata può essere
definita come un insieme di sentimenti e atteggiamenci negativi verso caratteristiche
omosessuali in se stessi e verso l'omosessualità nelle altre persone. Queste
caratteristiche comprendono attrazioni affettive e sessuali, comportamenti sessuali e
relazioni intime con persone dello stesso sesso o l'autoidentificazione di sé come gay o
lesbica". L'ostilità antigay nella nostra società è così diffusa che
l'internalizzazione dell'omofobia è vista da molti autori come un normale evento
evolutivo, cosicché ne risulta che, secondo Forstein (1987), quasi tutte le persone gay
hanno adottato atteggiamenti negativi verso l'omosessualità all'inizio del percorso
evolutivo. Malvon (1982) ha ipotizzato che quest'insieme di atteggiamenti negativi viene
incorporato nell'ímmagine di sé determinando una frammentazione degli aspetti sessuali e
affettivi che interferisce con il processo evolutivo.
In generale gli studi sembrano comunque suggerire che circa un terzo degli uomini gay e
delle donne lesbiche possono provare atteggiamenti o sentimenti negativi verso la propria
omosessualità in qualche momenso della loro vita. È probabile che ci sia un'ampia
variabilità nell'omofobia internalizzata di gay e lesbiche. Fattori sociali come la
regione di provenienza, fattori familiari come l'omofobia genitoriale o variabili di
personalicà come le vulnerabilità o le strategie difensive individuali probabilmente
possono influenzare i livelli di omofobia internalizzata.
Un importante passo avanti nella concettualizzazione dell'omofobía internalizzata è
stato il riconoscimenco dell'impatto deleterio e patogenico che può avere sugli eventi
evolutivi e sul funzionamento psicologico di gay e lesbiche. Malyon (1982) identifica
l'omofobia intemalizzata come "la maggiore variabile patologica nello sviluppo di
certe condizioni sintomaúche delle persone gay". Egli ipotizza che l'omofobia
internalizzata causi depressione, influenzi la formazione
dell'identità,l'autostima,l'elaborazione delle difese,l'integrità dell'Io,le relazioni
oggettuali e il funzionamento del Super-Io. Altri autori (per una rassegna, Shidlo 1992)
hanno suggerito un'associazione tra omofobia imernalizzata e sfiducia e solitudine,
difficoltà nelle relazioni intime, disfunzioni sessuali, sesso non sicuro, violenza
domestica, coping di evitamento in uomini gay sieropositivi, alcolismo, abuso di sostanze,
disordini alimentari, caratteristiche di personalità borderline e suicidio. Dato che
l'omofobia intemalizzata può essere un importante cofattore di condizioni
psicopatologiche in uomini gay e donne lesbiche, la psicoterapia con questo tipo di
persone dovrebbe includere l'"assessment" e il trattamento dell'omofobia
intemalizzata.
Durante il periodo di riconoscimento dei propri sentimenti omosessuali, l'omofobia
intemalizzata può esprimersi in vari modi. Ci può essere la persona che consciamente si
accusa di essere sbagliata o inferiore a causa della sua omosessualità. Ma dato che
l'omofobia intemalizzata esplicita è dolorosa e destabilizzante psicologicamente e poche
persone riescono a tollerare una consapevole deprecazione di sé, le forme di omofobia
intemalizzata meno esplicite sono assai più comuni. Gli individui in apparenza sembrano
accenarsi, ma sabotano questi sforzi in una varietà di modi. L'omofobia intemalizzata
può esprimersi, ad esempio nell'accettazione passiva della discriminazione antigay
riservata a sé o ad altri. Significativa, a questo proposito, è l'osservazione di
Gonsiorek (1988): "Quando le persone gay e lesbiche vanno incontro all'oppressione e
all'ostilità sono costretti a fare una scelta: la neutralità non è una loro opzione.
Dire no, nel comporamento o simbolicamente, equivale ad affermare se stessi; tollerare lo
status subalterno, equivale, in effetti, a confermare la percezione di sé come
inferiori".
Le forme poco esplicite di omofobia intemalizzata possono essere molto subdole. Ad
esempio, un ragazzo gay può intraprendere delle azioni destinate ad essere fallimentari,
come una rivelazione prematura o poco progettata del proprio orientamento sessuale, ed
usare il fallimento come pretesto per criticarsi. Il compito di gay e lesbiche diventa
quello di articolare un sofisticato "processo decisionale sul proprio
svelamento" che risponda all'ostracismo e al pregiudizio. Quando è importante agire
e affermare se stessi? Quando è troppo rischioso? Quali sono le conseguenze se agisco o
se non dico niente?
La misura dell'omofobia internalizzata
Gome si può misurare l'omofobia internalizzata con uno strumento psicometrico? Numerosi
gli ínterrogativi sulla validità e sulla operazionalizzazione del costrutto. Quali
comportamenti riflettono atteggiamenti negativi verso l'omosessualità?
Nel seguente studio ci si è serviti del NHAI (Nungesser Homosexualitv Attitude
Inventory). Esso è costituito da tre sottoscale e da 34 item. Nungesser ha concepito
l'omofobia intemalizzata distribuita in tre fattori:
1) l'atteggiamento verso la propria omosessualità 2) l'atteggiamento verso
I'omosessualità in generale e verso le altre persone gay;
3) svelamento della propria omosessualità.
Tuttavia sorgono degli interrogativi: la sottoscala dello "svelamento di sé" è
una misura dell'omofobia intemalizzata o invece deriva dalla percezione realistica dei
costi e benefici che lo svelamento comporta in una società omofobica? Quando il disagio
con il proprio essere gay è un riflesso dell'omofobia internalizzata o piuttosto la
reazione realistica all'oppressione estema?
Una chiave di volta sta nella detetminazione de1 cosiddetto "locus of blame"
ovvero il luogo di attribuzione e di colpa delle proprie difficoltà. Sophie (1988)
sostiene che, quando le persone gay biasimano se stesse piuttosto che la società
omofobica delle difficoltà o della vergogna che esperiscono in quanto gay, probabilmente
riflettono la Ioro omofobia intemalizzata.
Questo ha delle conseguenze se pensiamo al fronteggiamento di una condizione
pericolarsnente stressante e "colpevolizzata" come la sieropositività. Nicholas
e Long (1990) hanno trovato, in un campione di uomini gay sieropositivì, un'associazione
positiva tra omofobia intemalizzata, autobiasimo rispetto all'Hiv e coping di evitamento
di fronte alla malattia. Le persone meno omofobiche adottavano una modalità di coping
piú adattiva; di problem-solving e di ricerca di supporto.
Coming out
I bambini che saranno eventualmente omosessuali o bisessuali spesso sviluppano la
consapevolezza di essere diversi a un qualche punto della loro vita; possono non
comprendere la natura sessuale o il preciso significato del loro essere diversi, ma
apprendono rapidamente che questa differenza è negativamente connotata. Crescendo,
realizzano la natura della loro differenza e la negativa reazione sociale.
L'adolescenza per gay e lesbiche spesso differisce dalle tipiche esperienze sociali
adolescenziali delle persone eterosessuali. Per alcuni, la socializzazione con le persone
dello stesso sesso può essere emotivamente difficile perché può stimolare intense
attrazioni erotiche ed emotive. L'interazione con le persone dell'altro sesso può,
d'altro canto, far spiacevolmente tornare alla mente l'assenza dell'interesse
eterosessuale e la differenza con i pari. Di conseguenza, gli adolescenti gay possono
evitare quelle normali sperimentazioni interpersonali che sono tanta parte
dell'adolescenza ed impiegare una serie di difese per evitare di confrontarsi con il loro
interesse omosessuale. Gonsiorek ( 1988) sostiene che "gli stressor associati al
coming out durante l'adolescenza possono dare origine, specialmente negli uomini gay, a
una sintomatologia psichiatrica che può variare da latenti forme di incertezza su di sé
a manifeste forme di auto-disprezzo. Il migliore predittore della prognosi per questi
giovani rimane comunque il livello premorboso di funzionamento e non tanto la presente
sintomatologia. Infatti, nonostante la gravità temporanea di certe disfunzioni emotive,la
maggior pane di gay e lesbiche superano la crisi adolescenziale del coming out con
modalità sane e adattive".
Gli adolescenú eterosessuali probabilmente non mettono in dubbio il loro orientamento
sessuale perché l'attrazione per persone dell'altro sesso, il loro stile di vita e la
loro identità non è incoerente con le aspettative sociali. Le persone gay, invece, hanno
bisogno di molti anni per passare dalla prima consapevolezza di attrazioni per persone
dello stesso sesso all'autodefinizione, all'accettazione e alla partecipazione ad
un'identità gay e lesbica positiva.
I modelli teorici sul coming out e sulla formazione dell'identità omosessuale sono
numerosi e rispecchiano molteplici approcci. Essì comunque si basano sui concetti
evolutivi espressi da Erikson (1956) secondo cui ogni stadio deve essere risolto prima che
lo stadio successivo possa esser completato. Secondo quessi autori, la socializzazione e
lo sviluppo dell'Io è influenzata da fattori sociali ma soprattutto il Sé si sviluppa e
si configura in base alla natura delle relazioni interpersonali.
Uno dei modelli più citati, per la sua semplicità è il modello di Cass (1984) che
sintetizza così il processo di coming out: confusione d'idenútà (chi sono?),
comparazione (sono diverso/a), tolleranza (probabilmente sono gay), accettazione (sono
gay), orgoglio (sono gay!), sintesi (la mia omosessualità è una parte di me). Il modello
di formazione dell'identità omosessuale teorizzato da Richard Troiden (1979) sottolinea
invece le caratteristiche della risposta allo stigma tipica di ogni stadio. Attraverso
quattro stadi, gay e lesbiche minimizzano l'omofobia internalizzata e adottano strategie
di gestione dello stigma ("stigma-management") sempre più efficaci e
funzionali.
II primo stadio che avviene prima della pubertà, è chiamato sensization (sensazione) ed
è caratterizzato da generalizzati sentimenti di marginalità e dalla sensazíone di
essere diversi dai pari dello stesso sesso.
I1 secondo stadio (confusione d'identità) risale più generalmente al periodo
adolescenziale, quando uomini gay e donne lesbiche cominciano a rendersi conto che i loro
sentimenti e componamenti possono avere a che fare con l'omosessualità. Lesbiche e gay
rispondono alla confusione d'identità adottando una o più delle seguenti strategie: il
diniego della loro componente omosessuale nei sentimenti, nelle fantasie e nei
componamenti; il riparo ovvero il tentativo di sradicare le attrazioni omosessuali, magari
attraverso un aiuto professionale; l'evitamento consapevole di comportamenti, pensieri e
fantasie riconosciuti come omosessuali.
L'evitamento può assumere una delle seguenti forme: alcuni adolescenti inibiscono
comportamenti o interessi che hanno imparato ad associare all'omosessualità; altri
limitano le relazioni con l'altro sesso per non palesare ai pari o alla famiglia la
mancanza di attrazione eterosessuale; altri evitano l'esposizione all'informazione
riguardante l'omosessualità; altri assumono atteggiamenti antiomosessuali; altri si
impongono un coinvolgimento eterosessuale al fine di eliminare gli
"inappropriati" interessi sessuali; altri evitano di confrontarsi con i loro
sentimenti omoerotici attraverso una fuga nell'uso e abuso delle sostanze stupefacenti. La
ridefinizione consiste nel reinterpretare il componamento, i sentimenti o il contesto
secondo criteri più approvati socialmente: la reínterpretatazione del comportamento
omosessuale come caso isolato ed esperienza irripetibile ("è successo solo quella
volta"); l'autodefinizione di bisessuale come "ancora di salvataggio";la
convinzione che sentimenti e componamenti omosessualí siano passaggi dello sviluppo che
in futuro supereranno ("è una fase, mi passerà"); la ridefinizione
situazionale (" è arcaduto perché mi trovavo in quella particolare
situazione"). Con l'accettazione, uomini e donne consapevoli che loro componamenti,
sentimenti o fantasie possono essere omosessuali cercano attivamente informazioni per
saperne di più.
Sebbene queste differenze nelle strategie di stigma-management, un numero significativo di
uomini e donne passa all'assunzione d'dentità, il terzo stadio durante o successivo alla
tarda adolescenza. In questo stadio l'identità omosessuale diventa identità riferita sia
a sé sia agli altri. Humphrevs (1972) individua quattro strategie di "evasione dallo
stigma" durante la fase dell'assunzione d'identità. Con la capitolazione, uomini e
donne, nonostante la persistenza di sentimenti omosessuali evitano l'attività omosessuale
perché hanno internalizzato una visione stigmatizzante dell'omosessualità. Attraverso la
minstrerlization (traducibile con il "fare i buffoni, i menestrelli"), uomini e
donne esprimono la loro omosessualità attraverso i canoni e gli schemi della cultura
popolare e si comportano come la maggioranza delle persone si aspetterebbe da loro
attraverso costumi e comportamenti altamente stereotipati o inappropriati al genere di
appartenenza. Il passing ovvero "passare come eterosessuale" è probabilmente la
più comune strategia di evasione dallo stigma. Uomini e donne che "passano per
eterosessuali" si definiscono omosessuali ma nascondono le loro preferenze o
comportamenti omosessuali agli amici,. ai colleghi o alla famiglia, attraverso quello che
Humphreys (1972) chiama "un attento, a volte tortuoso, controllo
dell'informazione". Attraverso l'allineamento di gruppo, uomini e donne evadono lo
stigma diventando attivamente impegnati nella comunità omosessuale. La sensazione di
appanenere ad un "mondo a parte" facilita il peso dello stigma e gli altri
omosessuali sono percepiti come fonte di suppono sociale ed emotivo così come di
gratificazione sessuale. Come ha notato Ponse (1978), molte persone gay provano una forte
alienazione conseguente alla sensazione di sentirsi esclusi da un mondo costruito
sull'eterosessualità e affrontano questa alienazione immergendosi completamente nella
sottorultnra omosessuale: ad esempio, evitano ambienti eterosessuali per non confrontarsi
con la potenziale ostilità, normalizzano i loro comportamenti minimizzando le differenze
tra omosessuali ed ecerosessuali, o aristocratizzano i loro componamenti conferendo
specìali significati all'esperienza omosessuale. Altri possono ridicolizzare l'esperienza
eterosessuale ridefinendola come deviante.
II quarto ed ultimo stadio è la partecipazione (commitment) che significa adottare
l'omosessualità come modo di vivere, iniziando una relazione d'amore con persona dello
stesso sesso. Le principali caratteristiche di questo stadio sono l'autoaccettazione e la
confortevolezza con il ruolo e l'identità omosessuale. Anche le strategie di gestione
dello stigma variano. Gli uomini e le donne che si coprono ("covering") sono
pronte ad ammettere che sono omosessuali ma gestiscono la loro omosessualità in maniera
di dimostrare che sebbene siano omosessuali sono persone rispettabili. Le persone che si
mescolano ("blending") agiscono in modi appropriati al genere e non negano né
svelano la loro identità omosessuale agli altri. Essi percepiscono il loro orientamento
sessuale come irrilevante col genere di attività che stanno intraprendendo con gli
eterosessuali e relegano la vita privata e la sessualità al silenzio. Lesbiche e gay che
si convertono ("converting") acquisiscono un'ideologia o un modo di vedere le
cose che non solo destigmatizza l'omosessualità, ma la trasforma da vizio a virtù, da
marchio di vergogna a marchio di orgoglio. Formalmente o informalmente, cercano di
informare l'opinione pubblica delle realtà dell'omosessualità ed il loro obiettivo è di
eliminare l'oppressione attraverso un cambiamento politico ed educativo.
E bene ricordare che le suddette strategie di evasione dallo stigma sono raramente
costanti e spesso dipendono dalla situazione; fattori personali, sociali o professionali
possono indurre gli individui a "mescolarsi" o a "coprirsi" in alcune
situazioni, a svelare apertamente la propria identità omosessuale in altre e a virare
verso modi di "conversione" in altri contesti ancora.
Differenze di genere nel processo di coming out e nella gestione dello stigma
II genere è un forte organizzatore nei modelli di relazione, identità e comportamento
sessuale. In generale gli uomini gay sono più simili agli uomini eterosessuali e le
lesbiche sono più simili alle donne eterosessuali, che non tra di loro. Gli uomini gay
tendono ad essere sessualmente attivi prima di riconoscersi come gay e generalmente
cercano posti per incontri sessuali al fine di aiutarsi a definirsi gay. Gli uomini gay
con più probabilità hanno esperienze sessuali con vari partner prima di focalizzarsi su
una persona speciale; la compatibilità erotica e sessuale sembra essere più saliente per
gli uomini gay che per le lesbiche nella scelta dei partner. Gli uomini gay hanno valori,
codici e componamenti simili a quelli degli uomini eterosessuali; gli uomini in genere
infatti ricevono un maggiore rinforo sociale alla sperimentazione sessuale, alla
separazione tra sesso e amore, al godimento del sesso senza coinvolgimento emotivo.
Le lesbiche tendono a scoprire il loro orientamento sessuale all'interno di una relazione
affettiva e d'amore; con più probabilità hanno esperienze sessùali nel concesto di una
relazione emotiva con una donna o con una serie di "donne speciali". Inoltre le
donne che si definiscono lesbiche lo fanno sulla base di una relazione con un'altra donna
e non sulla base del contatto sessuale. Le donne sia eterosessuali che lesbiche, infatti
imparano nel corso della socializzazione di genere, ad enfatizzare il sentimento, a
minisnizzare l'imponanza dell'atto sessuale immediato, ad anteporre il coinvolgimento
emotivo al1'incontro sessuale.
Di media, gli uomini gay sono consapevoli delle loro attrazioni omosessuali e hanno i
primi rapponi in un periodo che va dalla prima alla media adolescenza. Le donne lesbiche
sono consapevoli di queste anrazioni in un periodo che va dalla media alla tarda
adolescenza, ma i primi rapporo awengono, di media, solo nella prima età adulta. Le donne
lesbiche tendono a essere coinvolte in attività sessuali con persone dell'altro sesso
più degli uomini gay, e tendono a continuarle anche dopo la definizione del proprio
orientamento sessuale, e si sposano con più probabilità degli uomini gay. Gli uomini gay
durante l'adolescenza tendono più delle donne lesbiche a partecipare a comportamenti
sessuali con persone dello stesso sesso e a fantasticare su atti sessuali omosessuali (per
una rassegna, Garnets,1992).
Uomini gay e donne lesbiche fanno uso di differenti strategie di gestione dello stigma per
evitare di essere evitati, di essere etichettati come gay o lesbiche. Coerentemente con le
aspettative al ruolo maschile, gli uomini gay tendono ad usare strategie che negano il
coinvolgimento affettivo al fine di minimizzare l'imponanza dell'esperienza sessuale con
altri uomini. Ad esempio, Hencken (1984) ha notato che gli uomini gay neutralizzano il
significato delle emozioni enfatizzando la gratificazione sessuale come scopo della loro
sessualità ("È stato solo un fatto fisico", "avevo solo voglia di far
sesso con qualcuno") o deresponsabilizzandosi per sentimenti o azioni ("ero
ubriaco"). Le lesbiche evitano un'identificazione di sé come lesbiche enfatizzando i
loro sentimenti e minimizzando la salienza dell'aspetto sessuale. Ad esempio, le lesbiche
più spesso dei maschi gay riportano la strategia "del caso speciale" e si
"giustificano" romanticizzando l'evento sessuale o spiegandolo come amore
intenso per quella particolare donna.
L'ipotesi
L'ipotesi della rirerca è stata formulata sulla base dei seguenti presupposti: da una
parte,l'omosessualità di per sé non correla con qualsiasi forma di psicopatologia,
dall'altra neanche l'appartenenza ad una categoria stigmatizzata non predice l'autostima o
altri indici psicopatologici. E stato così ipotizzato che la percezione e
l'incorporazione dello stigma sociale da parte di gay e lesbiche mediasse l'autostima,
intesa come indice non-clinico di adattamento psicologico.
Il metodo
Gli strumenti
I1 questionario comprendeva item che riguardavano informazioni di background e altre
relative specificatamente all'orientamento sessuale, I'autostima, la soddisfazione globale
per la vita e l'omofobia intemalizzata.
Le informazioni di background comprendevano: età, sesso, professione, titolo di studio,
situazione relazionale e orientamento sessuale.
E stata chiesto di indicare il grado di "outness" ("quante persone delle
seguenti categorie conoscono il tuo orientamento sessuale - gli amici eterosessuali, i
colleghi di studio, etc. -?"), le tappe evolutive di riferimento dell'orientamento
sessuale (l'età della consapevolezza del primo desiderio omosessuale,l'età della prima
relazione affettiva e sessuale e l'età dell'autodefinizione come omosessuali o
bisessuali), la tipologia familiare sulla base della conoscenza e della accettazione
dell'omosessualità del membro della famiglia. Si è tenuto conto di due fanori: la
decisione attiva e consapevole da parte del soggetto di svelare la sua omosessualità ai
familiari e il tipo di risposta (di sostegno, di tolleranza, di rifiuto o diniego).
L'omofobia internalizzata è stata misurata attraverso la scala NHAI di Nungesser (1983)
attraverso la versione riveduta da Shidlo (1992). L'autostima è stata misurata attraverso
la scala di Rosenberg (1965). II grado di benessere soggettivo globale, dal punto di vista
cognitivo, è stato rilevato attraverso una misura di self-report: la scala SFLS
(Satisfaction For Life Scale) di Diener (1991).
La procedura e il reclutamento
I questíonari sono stati distribuiti nell'arco di due mesi nel più vasto territorio
padovano tramite associazioni e luoghi di ritrovo gay e tramite altre procedure di
campionamento di non-probabilità.
Le sedi di Arcigay-Arcilesbica di Padova e Venezia, la sede di un gruppo di omosessuali
credenti di Padova, due locali gay di Padova, e un evento culturale cinematografico
organizzato da associazioni gay padovane sono stati i luoghi prescelti; qui il ricercatore
e una volontaria attivista di associazioni lesbiche hanno spiegato l'interesse dello
studio ed hanno chiesto di compilare il questionario a chi ne fosse interessato. Inoltre,
è stato chiesto a 4 donne lesbiche e a 4 uomini gay conosciuti al ricercatore, di
compilare íl questionario e di prenderne altri da distríbuire tra i conoscenti.
Il questionario richedeva 15 minuti per essere compilato. Nessuna restituzione monetaria
è stata offerta per la partecipazione.
Caratterisciche dei soggeni
Centootto dei 120 questionari sono stati volontariamente completati e sono stati riporati
al ricercatore. Sono stati scartati tre questionari incompatibili con lo scopo della
ricerca.
II gruppo finale ha incluso 108 di cui 60 maschi e 48 femmine, con un'età che varia da 17
a 36 (M = 26.8, SD = 5.8 anni). La maggior parte sono studenti e studentesse (64%). il 26%
è lavoratore, il 10% è studente lavoratore e il 5% è disoccupato. II titolo di studio
prevalente, considerata l'età è il diploma o la maturità (67,9%). Il 66% si definisce
"single"; il 15% ín coppia da meno di un anno e il 18,9% in coppia da più di
un anno.
La maggior parte (86%) dei partecipanti si sono definiti "gay" o
"lesbiche" mentre alcuni si sono definiti "bisessuali, prevalentemente
gay/lesbica" (14%).
risultati
L'età media della consapevolezza della prima attrazione omosessuale è 12,94 anni (Dev.
Std. = 4,07);l'età media del primo rapporto sessuale è 18,61 (Dev. std. = 5,04);l'età
media dell' autodefinizione di sé come gay, lesbica o bisessuale è 19,64 (Dev. std. =
4,25);l'età della prima relazione affettiva è più tarda, 21,18 (Dev. std. = 3,93 ).
Per metà dei soggetti prevale una situazione di clandestinità o semi-clandestinità (la
famiglia "lo sospettiamo" e la famiglia "totalmente all'oscuro") in
misura maggiore nelle femmine che nei maschi. La famiglia che nega o rifiuta (la famiglia
"finge che non esisti") o che, al contrario, mostra sostegno e comprensione
sembra essere più frequente nei maschi; poco meno di metà dei soggetti ha detto di
essere gay o lesbica in famiglia e in un terzo dei casi 1a risposta è stata facilitante,
di tolleranza o di sostegno.
II grado di outness è stato calcolato in base a varie categorie di persone. Quasi tutti
sono "out" agli amici gay anche se il 9% ripona di nascondere il proprio
orientamento sessuale a qualche amico gay. Gay e lesbiche tengono conto del sesso della
persona con cui interagiscono prima di svelare il proprio orientamento sessuale. Nel 45%
dei casi, tutti o la maggior parte degli amici eterosessuali di sesso maschile del
soggetto "sanno", mentre la percentuale sale al 62% se sono amiche
eterosessuali. Sia gli uomini gay sia le donne lesbiche sono più tranquilli nello
svelarsi con le donne. Nell'ambiente di lavoro o di studio prevale comunque la
cladestinità: il 59% dei soggetti non l'ha detto ai colleghi di lavoro (nessuno o la
minor parte lo sa) e l'83 % non è "out" con i superiori (nessuno o la minor
parte lo sa).
È stata risconsrata una differenza tra i punteggi medi di omofobia internalizzata tra le
persone che si definiscono gay o lesbiche e le persone che si definiscono
"bisessuali, prevalentemente gay". E questo è particolarmente vero per le
sottoscale che mìsurano l'"omonegatività personale" e "omonegatività
globale".
L'ipotesi secondo cui un ambiente familiare omofobico e poco facilitante sia associato ad
un alto grado di omofobia internalizzata del membro della famiglia è parzialmente
verificata. La tipologia familiare ha un prevedibile effetto significativo (F = 4.4290 con
p <.005) sulla sottoscala dello "svelamento di sé";l'analisi post-hoc ha mostrato una differenza significativa tra la famiglia all'oscuro e le due famiglie "tollerante" e "solidale" nel grado di svelamento del proprio orientamento sessuale.
L'omofobia internalizzata, dalla nostra analisi, non è influenzata dall'età ma dal
processo del coming out. Sono stati calcolati due scarti: il primo dato dalla differenza
tra l'età del soggetto e l'età in cui ha riportato di essersi definito per la prima
volta omosessuale: il secondo dato dalla differenza tra l'età del soggeno e l'età in cui
ha riportato la prima relazione affettiva omosessuale. Maggiore è il tempo trascorso dal
riconoscimento di sé come gay o lesbica, minore è il punteggio relativo all'omofobia
internaliznata. La prima relazione affettiva può essere interpretata come fattore
significativo nel superamento dell'omofobia intemalizzata.
L'ipotesi principale dello studia è stata ampiamente convalidata. L'omofobia
internalizzata correla negativamente con l'autostima e con la soddisfazione di vita;
autostima e soddisfazio&127;ne di vita correlano positivamente tra loro. Nell'analisi,
è stata aggiunta anche la variabile outness ed è stata trovata ulteriore conferma che lo
svelamento del proprio orientamento sessuale correla positivamente con la soddisfazione di
vita e correla negativamente con l'internalizzazione dell'omofobia.
Un'analisi più accurata delle correlazioni tra le sottoscale della scala NHAI e gli altri
indici psicometrici pennette di evidenziare aspetti più circoscritti e significazivi. La
sottoscala dell'omonegatività personale (r = -. 3901, p <.001 ) e la sottoscala dello svelamento di sé (r="-.3860," p < .001 ) correlano negativamente con il punteggio dell'autostima in modo altamente significativo. Mentre la sottoscala dell'omonegatività globale (r="-.226," p < .05) correla negativamente ma in misura meno significaúva.
La discussione
Uomini gay e donne lesbiche scoprono il loro orientamento sessuale relativamente tardi nel
processo dí sviluppo dell'identità. L'orientamento sessuale non è riconsciuto fin dalla
nascita: come affermano Weinberg e Williams (1974) è "uno status raggiunto non
prescritto".
I1 periodo del coming out diventa un aspetto centrale nel percorso evolutivo di molti
giovani gay. La consapevolezza del primo desiderio omoerotico è solo l'inizio di un non
breve processo (di media 6-9 anni) di conoscimento e riconoscimento a sé e agli altri del
proprio orientamento sessuale. La scoperta del proprio orientamento sessuale è facilitata
dalla sperimentazione dei propri desideri omoerotici; infatti il primo rappono omosessuale
precede l'autoidentíficazione come gay o lesbica. La prima relazione affettiva, intesa
come relazione tra persone dello stesso sesso consensuale e pubblicamente riconosciuta,
come afferma Troiden (1979), segna un imponante passo nell'acquisizione di un'identità
gay positiva. La situazione relazional-affettiva, difatti, predice siginificativamente
l'autostima: le persone in coppia, di media, hanno una più elevata autostima delle
persone single.
Coerentemente con le ricerche precedenti, esiste uno scarto, seppur minimo, tra ragazzi e
ragazze. Le ragazze sembrano consapevolizzarsi più tardi della loro attrazione per
persone dello stesso sesso; tuttavia dal gruppo esaminato sia ragazzi che ragazze alla
soglia dei 20 anni sono pronti a identificarsi gay o lesbiche.
Con l'acquisizione di un'identità gay positiva, uomini gay e donne lesbiche sentono
l'esigenza di svelare il loro orientamento sessuale a gruppi di altre persone. Quasi tutti
lo dicono agli amici gay mentre lo svelamento agli amici eterosessuali è più complesso
perché entrano in gioco più variabili, tra cui una delle più importanti è sicuramente
íl sesso. Infatti, gli uomini gay hanno maggiore confortevolezza a svelare il loro
orientamento sessuale alla amiche eterosessuali piuttosto che agli amici eterosessuali.
Questa scelta rappresenta una accurata strategia di evasione dallo stigma, che valuta
realisticamente la maggiore asprezza dell'omofobia degli uomini eterosessuali verso gli
uomini gay. Nel processo di decisione del proprio svelamento probabilmente subentrano
anche altri fattori, non solo il sesso della persona a cui ci si vuole svelare, ma anche
l'età, l'appartenenza ideologica, l'intimtà raggiunta. Nel decidere a chi dirlo e a chi
non dirlo, lesbiche e gay devono soppesare i problemi che derivano dal loro status
marginale, dalla realtà sociale e dai rischi a cui possono andare incontro.
Dallo studio, emerge che pochi svelano il loro orientamento sessuale ai colleghi di lavoro
e quasi nessuno al datore di lavoro. Nell'ambiente di lavoro o di studio prevale la
clandestinità e ci si tutela da possibili discriminazioni (diventare oggetto di
derisíone o nel caso più grave essere licenziati). Il bilancio dei costi e dei benefici
è un processo multiforme di decisione che dura tutta la vita; Bradford e Ryan (1987)
hanno denominato questa pragmatica soluzione il principio dell'"outness
razionale": "essere più aperti possibile perché essere onesti è salutare ed
essere in clandestinità quanto necessario per cautelarsi dalle discriminazioni".
Lo svelamento in famiglia spesso conduce ad un período di travaglio tra i suoi membri. I
genitori possono avere sentimenti di colpa e di responsabilità per l'omosessualità del
figlio o della figlia; possono ignorare l'individualità del flglio applicando i consueti
stereotipi negativi, e temendo il giudizio degli altri possono isolarsi dalla rete
sociale; oppure possono reagire come se la persona sia un estraneo perché la nuova
idenútà crea un sentimento di alienazione. La risoluzione in famiglia è spesso un
processo lungo e complesso.
Dal nostro studio emerge che le persone che sono clandestine in famiglia lo sono con più
probabilità anche con altre categorie di persone. La necessità di preservare il
"segreto" in famiglia sembra compromettere la visibilità in tutti gli altri
ambiti.
Una risposta parentale positiva è comunque indicativa di un minor grado di omofobia
intemalizzata. I1 soggetto internalizza l'omofobia dal contesto sociale più prossimo che
in genere è quello familiare; un contesto familiare molto omofobico sarà quindi
associato ad una minor confortevolezza con il proprio essere gay e ad una peggiore
negoziazione del conflitto familiare; un contesto familiare solidale e tollerante sarà
associato ad una maggiore confonevolezza con il proprio essere gay e ad una migliore
risoluzione.
È stato trovato che le persone che si definiscono come "bisessuali, prevalentemente
gay o lesbiche" hanno un più elevato grado di omofobia internalizzata. Molte persone
gay, durante il periodo di indecisione circa loro stessi, hanno trascorso un periodo
definendosi bisessuali, forse perché risultava meno stigmatizzante socialmente. Questo
risultato sembra dimostrare che le persone che si definiscono bisessuali siano persone che
più delle altre valutano più negativamente i loro sentimenti omosessuali. Il risultato
è curioso, tuttavia non vuole proporsi come spiegazione esaustiva della bisessualità.
Come dicono alcuni attivisti,l'omofobia riguarda tutti, chi più chi meno. L'omofobia
internalizzata non è una variabile discreta che semplicisticamente divide le persone
omosessuali in persone che banalmente "vivono bene" la loro omosessualità e
persone "che non si accettano". È un continuum che si svolge in un dinamico
processo di percezione, interpretazione ed interiorizzazione dello stigma sociale. È
tuttavia una variabile moderatamente stabile dato che non è influenzata dal genere,
dall'età o dall'educazione ma è sensibile al processo evolutivo del coming out.
L'"outness" ovvero lo svelamento agli altri del proprio orientamento sessuale è
il prerequisito per l'acquisizione di un'identità positiva gay o lesbica. Studi empirici
hanno già dímostrato i beneflci psicologici dello svelamento agli altri: una maggiore
affermazione di sé, una maggiore intimità nelle relazioni, una maggiore accettazione da
parte degli altri, un diminuito senso di isolamento. Dal nostro studio, emerge che
l'outness correla positivamente con la soddisfazione di vita.
L'omofobia intemalizzata ha un impatto psicologico che non va sottovalutato perché può
compromettere l'autostima e i1 senso di soddisfazione della propria vita. Tuttavia la
correlazione non va confusa con la causalità: una persona che "non si accetta"
tenderà a stimarsi globalmente di meno. Ma è anche vero l'inverso: una persona con bassa
autostima sarà più propensa a svalutare la sua omosessualità.
Tuttavia la correlazione mantiene il suo imponante significato teorico e le sue
implicazioni cliniche. Un intervento psicoterapeutico volto ad incentivare la stima di sé
nel cliente dovrà tenere conto degli effetti che ha il pregiudizio e lo stigma sociale
negli individui e cercare di minimizzare l'omofobia intemalizzata e la svalutazione
dell'omosessualità in sé e negli altrí.
Il coming out esprime una concomitanza di eventi significativi: come sottolinea Suppe
(1981) il "venir fuori" pubblicamente, svelandosi agli altri e avvicinandosi
alla sottocultura gay, significa anche "venir fuori a se stessi", accettare che
termini offensivi come "frocio" sono riferiti a sé, disfarsi dei bias e dei
pregiudizi sociali e sostituirli con interpretazioni di affermazione, rispetto e
integrazione.
Sottoscale della scala NHAI e autostima, soddisfazione per la vita e outness
Sottoscale Aucoscima Soddisfazione per la vita Oumess ------------------------------------------------------------------------------------- Omonegatività personale -039** -0.41** -0.37*" Omonegatività globale -039** -0.20 -0.37** Svelamento di sé -0.23* -0.23* -0.69**
--------------------------------------------------------------------------------------
Nota: ** p <.001 * p < .05.
Bibliografia (omissis).