L'omosessualita' femminile come
"rito d'iniziazione sessuale"


Jole Baldaro Verde* Valentina Manzini**

Dalla rivista"Rivista di Scienze Sessuologiche"-vol.9, n 1-2, 1996,Del Cerro ed.




Premessa


II presente lavoro e' il primo di una serie di ricerche programmate, che intendono affrontare, dal momento in cui ne abbiamo tracce storiche ad oggi, un tema che affonda le sue radici ben piu' sotto lo strato roccioso dell'identitita' femminile: quello dell'omosessualita' femminile. Partendo quindi da un periodo storico, quello della Grecia di cui abbiamo notizie scritte, desideriamo comprendere come sia stata vissuta l'omosessualita' femminile in una cultura dove i sentimenti di colpa, che saranno tipici delle societa' dominate dalle religioni monoteistiche, non appaiono e dove il sentimento di vergogna non e' legato a una legge divina, ma alle consuetudini e alle leggi umane. In questo primo articolo ci limitiamo a esaminare l'omosessualita' femminile come rito iniziatico sessuale, che faceva parte dell'educazione degli adolescenti, uguale quindi a quello maschile su cui esistono molti piu' studi e ricerche.

I riti di passaggio


I "riti di passaggio" segnavano la fine dall'eta' infantile e l'entrata nel mondo degli adulti, avendo dimostrato la capacita' di svolgere i differenti lavori che stabilivano nel sociale il dimorfismo sessuale. La codificazione del dimorfismo sessuale trova le sue radici nella suddivisione del lavoro che sembra essere presente nelle comunita' umane (Dupuis, 1987) sin dalle epoche piu' remote della preistoria. Gli uomini, liberi dalle gravidanze e dalla cura dei piccoli si dedicavano alla caccia, mentre alle donne, erano riservate la raccolta dei frutti della natura. Con il trascorrere dei millenni le attivita' maschili si sono andate differenziando mentre per le donne si andava affinando il loro ruolo all'interno della famiglia.Nella Grecia di 4000 anni fa, questi ruoli sono ormai gia' stabilmente consolidati: gli uomini si dedicano alla guerra, alle armi, all'artigianato, al commercio e al governo della citta', dunque all'esercizio del potere, mentre alle donne, relegate nei ginecei, spettano le attivita' domestiche, secondo il modello che diventera' proprio anche della societa' romana "lanam facere, filios colere". Si ha notizie dei ruoli d'iniziazione al lavoro adulto in tutti i testi d'antropologia culturale, essi erano ancora presenti nelle popolazioni cosiddette primitive, studiate da Malinowski e da Margaret Mead (1954); quest'ultima che ha osservato i costumi degli abitanti di Samoa riferisce che le fanciulle passavano dall'eta' infantile, in cui veniva loro chiesto di accudire ai bambini piu' piccoli e alle faccende domestiche, attraverso un periodo intermedio in cui era necessario imparare a tessere e a dimostrare le virtu' che avrebbero fatto di loro delle buone mogli, all'eta' adulta. La Mead peraltro accenna, anche ai riti "d'iniziazione sessuale".Nel periodo intermedio, quello che dall'infanzia, attraverso i riti di passaggio che le insegnavano i futuri compiti, la conducevano all'eta' adulta, la ragazza poteva avere una grande varieta' di esperienze sessuali.I1 suo primo amante era un uomo maturo in grado di iniziarla al sesso. Allo stesso modo i ragazzi iniziavano la loro vita sessuale con una donna maggiore di eta' ed esperienza, "cosi' il successo di un'avventura amorosa e' raramente compromesso da una doppia ignoranza" (Mead, 1954, p. 73). Simone de Beauvoir illustra attraverso la testimonianza diretta di una sua amica cinese, la scrittrice Han Suyin, la presenza a Singapore e a Canton di molte comunita' femminili che nelle convenzioni e nelle pratiche di culto offrono alcune interessanti omologie con le comunita' della Lesbo e della Sparta arcaica (S. de Beauvoir, 1963). Riti d'iniziazione sessuale erano dunque presenti, anche se, soprattutto per quanto riguarda il femminile, si sono studiati molto poco. Infatti, gli storici sia antichi che moderni sono stati tutti uomini e, nella loro ottica, quanto accadeva nel mondo femminile aveva assai poca importanza.

I riti d'iniziazione sessuale nell'antica Grecia


Alla luce di queste considerazioni, nel presente lavoro ci proponiamo di prendere in considerazione come in Grecia, accanto alla pederastia iniziatica maschile, di cui si e' tanto parlato e di cui abbiamo ampie tracce, siano fiorite delle comunita' femminili, nelle quali le relazioni omoerotiche avevano lo stesso valore iniziatico. Associazioni di ragazze e di donne si trovano in Grecia sin dal VII sec. a.C. (Merkdbach, 1957). Fra queste il circolo di Saffo e' senz'altro il piu' noto; Saffo nacque nell'isola di Lesbo intorno al 650 a.C., e trascorse gran parte della sua esistenza nella ristretta cerchia di un "tiaso", una sorta di associazione femminile. L'opinione oggi considerata piu' attendibile e' che Saffo sia stata a capo di una comunita' di giovani donne (C. Calame, 1977), una scuola di femminilite ove le ragazze ricevevano delle lezioni di eleganza e di grazia. Le ragazze vi entravano a far parte prima del matrimonio, compiendovi un periodo d'istruzione e preparazione. Alle nozze; una volta sposate si separavano dal gruppo. L'istruzione impartita comprendeva la pratica di lavori femminili, l'apprendimento della buona educazione, della musica ed un'iniziazione alla sessualita'. Dallo stato "selvaggio" dell'adolescenza, proprio di Artemide, dea che proteggeva le vergini, esse passavano a quello di donne ispiratrici d'amore, sviluppando la sensualita' e la sessualita', secondo il modello di Afrodite, la dea dell'amore erotico (G.A. Privitera, 1974).

Attis, una delle tre compagne piu' care a Saffo, (C. Calame, 1977) prima di entrare nel tiaso, era una ragazza molto giovane e senza grazia (omissis), in questo contesto (omisxsis) ;, "senza grazia", e' utilizzato per designare una fanciulla non ancora pronta per il matrimonio. La (omissis) (nella traduzione dal greco "grazia" - da cui l'italiano: carisma, eucarestia - ma anche fascino, bellezza) e' caratteristica indispensabile per una bella donna, che desideri sposarsi. Dopo il soggiorno nel tiaso, la bella Attis, che Saffo descrive di ritorno in Lidia, brilla tra le donne del suo paese come la luna in mezzo alle stelle (fr. 96 Voigt), grazie all'educazione ricevuta a Lesbo. Dunque, il contenuto dell'educazione dispensata da Saffo, in seno alla sua scuola, tendeva alla preparazione al matrimonio di giovani allieve. Del resto, i rapporti dell'attivita' della poetessa con l'istituzione del matrimonio, sono confermati dai numerosi frammenti di epitalami. Saffo, come risulta dai frammenti, appare sempre al centro di un gruppo di fanciulle che vanno e vengono continuamente. Non dobbiamo credere che il tiaso saffico fosse un caso unico: altre associazioni di ragazze e donne adulte sono conosciute in Grecia; in tutte sono ampiamente documentate relazioni omoerotiche femminili. La poesia di Saffo scaturisce spontanea dalle passioni amorose vissute all'interno del raffinato sodalizio femminile da lei diretto, la componente erotica dei versi della poetessa si mostra con sincero ardore. Benche' una critica moralista lo abbia spesso negato, l'esistenza di passioni omosessuali, tra le componenti del tiaso, e' innegabile. I frammenti di Alcmane e Saffo lo confermano in maniera inequivocabile. Particolarmente interessante e' l'interpretazione del Partenio di Alcmane (B. Gentili, 1976). Le due figure di rilievo, Agido e Agesicora, delle quali la seconda e' la corega, sono presentate in una posizione di spicco rispetto alle altre ragazze del coro: viene messo in evidenza il loro ruolo di coppia. II legame che unisce Agido e Agesicora e' esclusivo; nessuna delle due avra' aspirazioni amorose nei confronti delle altre ragazze del coro. E il coro stesso a dichiarare il suo sconforto di fronte a questo inscindibile legame che ne bellezza, ne oggetti preziosi possono spezzare. Questo partenio sembra un vero e proprio canto epiralamico destinato ad un rituale interno alla comunita' delle ragazze. In realta' non si tratta di una comune cerimonia nuziale, ma di una cerimonia iniziatica all'interno del tiaso. Imerio, autore del IV sec. d.C., trovava descritto nei carmi di Saffo un tale rituale all'interno delle comunita' (Him.Or. 9,4): dopo gli agoni, Saffo entra nel talamo, stende il letto nuziale, fa entrare le ragazze nel nympheion, conduce sul carro le Cariti, Afrodite ed il coro degli Amori e forma con essi una processione che innalza la fiaccola nuziale. I riti di cui parla Imerio si riferiscono ad un preciso momento dell'attivita' cultuale del tiaso. E' probabile che nelle comunita' femminili di Lesbo esistessero unioni "ufficiali" tra le ragazze, si trattava di un vero rapporto di tipo matrimoniale, come mostra in Saffo l'uso del termine (omissis);: un termine specifico per designare il concreto vincolo del matrimonio. (omissis) designa colui o colei che si trova sotto lo stesso giogo.

A Lesbo, Saffo aveva almeno due rivali nelle persone di Andromeda e di Gorgo. Un frammento di commentario su papiro ci rivela che tra Gorgo e le sue compagne esistevano regole di ordine comunitario analoghe a quelle di Saffo. Da un frammento sappiamo che Pleistodice insieme con Gongila e' moglie di Gorgo. Cio' significa che la direttrice del tiaso poteva contemporaneamente far coppia con due ragazze.L'omosessualita' femminile non era costume amoroso esclusivo delle donne di Lesbo.In realta', definire l'amore omosessuale femminile come "lesbico" costituisce una deformazione semantica del termine. Per i Greci, la fama delle donne di Lesbo era legata alla pratica amorosa del "fellare", detta appunto lesbiazein, una pratica, come sappiamo dai poeti della commedia (Aristoph.Eccl. 920), molto antica e nota, che avrebbero escogitato proprio le ragazze di Lesbo.Dunque "lesbica" aveva gia' nella seconda meta' del V sec. e, certamente in epoca piu' antica, la tipica connotazione di "fellatrix", non di lesbica in senso moderno. L'uso di lesbica nel senso di (omissis) dal verbo greco (omissis) (strofinarsi) in altre parole donna omosessuale, risale all'erudito bizantino Areta (sec.IX-X) e divenne corrente nella cultura europea non prima del XIX sec.

Le comunita' femminili, per cosi' dire di tipo saffico, non furono un fenomeno rilegato all'isola di Lesbo. Sappiamo da Plutarco (Lyc. 18,9) che l'amore omoerotico femminile era ammesso anche a Sparta arcaica in comunita' piu' o meno affini a quelle lesbiche. Nella Sparta del VII sec. abbiamo notizia di cori femminili, con una struttura educativa e gerarchica, detti agelai. Numerose testimonianze sui "cori spartani" lasciano supporre l'esistenza di relazioni omosessuali tra le coreute, o alcune tra le coreute e la corega. Molto si e' dibattuto sulla questione posta dalla natura di queste relazioni omosessuali: si trattava di relazioni temporanee nate in comunita' di adolescenti dello stesso sesso e della stessa eta' o divenivano relazioni affettive che assumevano un valore istituzionale? Per cercare di dare una risposta a queste domande e' necessario chiarire il valore dell'omosessualita' nella societa' greca classica. In un passaggio molto conosciuto della vita di Licurgo, Plutarco (Plut.Lyc. 17,1) racconta che a 12 anni gli efebi erano associati ai migliori fra gli uomini giovani. Questo costume e' confermato da numerose fonti; Plutarco (Plut.Lyc. 18,9) parla della pederastia spartana come di un'istituzione legata al sistema educativo della citta'. Lo stesso valore pedagogico era conferito all'omosessualita' nel sistema cretese. Anzi a Creta, il contatto tra i due amanti aveva una durata istituzionalmente limitata a due mesi. Tutte le modalita' del rapporto omosessuale erano fissate dalla legge. In questo contesto appare evidente che l'omosessualita' maschile assume un valore iniziatico, un momento di passaggio che permette al ragazzo di compiere il passo che separa l'adolescenza dall'eta' adulta. Nel caso in cui l'omosessualita' non avesse un valore pedagogico, essa era condannata come nella nostra cultura. Ad una lettura attenta le relazioni omoerotiche dei circoli femminili presentano sorprendenti analogie con l'omosessualita' iniziatica maschile. Plutarco afferma che a Sparta l'omosessualita' femminile aveva, come quella maschile, la "funzione" di iniziare la ragazza adolescente; ed aggiunge che questi legami avevano carattere temporaneo. A Sparta era costume che donne adulte si univano a giovani ragazze prima del matrimonio. Una glossa di Alcmane (Alc. fr. 34 Page) indica che il poeta utilizzava un termine tecnico, corrispondente a quello di (0missis) per i ragazzi, per in dicare le fanciulle: aitiV. Tuttavia non dobbiamo credere che i riti iniziatici femminili fossero del tutto assimilabili a quelli maschili: la relazione omosessuale femminile era diversa da quella tra l'adulto maschio e il suo amante ragazzo. L'omosessualita' femminile nei tiasi era sganciata da quel rigido rapporto di subalternita' proprio della pederastia iniziatica maschile. Dagli stessi frammenti delle poesie di Saffo traspaiono relazioni omoerotiche connotate soprattutto di dolcezza e tenerezza. Sono sostanzialmente gli uomini a fare dell'omosessualita' femminile un calco di quella maschile, lo stesso termine (omissis) e' tratto dalla sfera maschile (E. Cantarella, 1995). Non e' casuale che a enfatizzare l'aspetto pedagogico dei rapporti tra donne sia un uomo, come Pluarco (Lyc. 18,9): a Sparta dice infatti, le donne migliori amavano le ragazze, e quando accadeva che due di esse amassero la stessa fanciulla, cercavano di rendere migliore, insieme, la loro amata. Ci sembra plausibile concludere che sia a Sparta che a Lesbo, i rapporti omosessuali tra donne adulte e giovani ragazze avevano un valore iniziatico, introduttivo alla condizione adulta che era definitivamente raggiunta con il matrimonio e il passaggio all'eterosessualita'. Non dobbiamo dimenticare che una societa' come quella greca "imponeva" il matrimonio, che era vissuto esclusivamente come istituzione, ed era ben lontana dalla concezione "romantica" che oggi noi ne abbiamo. I termini latini che indicano lo sposare una donna da parte di un uomo "uxorem ducere" esprimono bene il valore contrattuale di questo patto, " ducere " in latino vuol dire condurre ma anche comprare. Dunque non possiamo escludere che seppur sposate, molte fossero le donne che, come la poetessa Saffo, restavano fissate alla meta omosessuale. La storia scritta dagli uomini, non ha consegnato le loro voci.Saffo visse in un periodo di transizione, in cui alle donne era ancora aperto qualche spazio per vivere come individui e poter esprimere i loro sentimenti. Una, per tutte la sua voce, descrive, da un punto di vista femminile, le vibrazioni sottili e tormentose di passioni intense. La stessa Saffo lascio' scritto: "Io credo che qualcuno si ricordera' di noi, nel futuro" (fr. 147 Voigt).

Conclusioni


Una attenta analisi comparata di frammenti di lirici greci ha permesso di considerare l'omosessualita' femminile quale rito d'iniziazione, del tutto simile a quello maschile, "normale" in una societa' in cui i costumi sessuali non erano soggetti a tabu', come sarebbe stato a partire dal periodo di cui la Bibbia ci ha lasciato memoria storica . Ignoriamo peraltro, quando e perche' il rito d'iniziazione sessuale rappresentato da rapporti omosessuali tra adolescenti e adulti, uomo-uomo, donna-donna, abbia avuto fine. Sarebbe quindi interessante poter trovare le tracce di questo cambiamento e ci ripromettiamo di cercarle. Con il tempo l'omosessualita' ha preso caratteri diversi e con questo termine si intende un rapporto adulto-adulto in cui e' invertita, rispetto a quello che viene ritenuto uno sviluppo psicosessuale "ottimale" la meta del desiderio sessuale. In realta' questo avviene soltanto in alcuni casi, in altri sono invertiti anche il ruolo di genere e il ruolo sociale .e' quindi limitativo includere nel termine omosessuale una serie di comportamenti che riguardano l'identita' sessuale in tutta la sua complessita'. Molto resta ancora quindi da studiare, compreso il motivo per cui l'omosessualita' maschile sia stata stigmatizzata mentre poca attenzione e forse poca importanza e' stata riservata a quella femminile. Una ipotesi, che condividiamo con altri autori e' legata alla scoperta scientifica della paternita' che, proprio nella cultura e nella mitologia greca vede Zeus come simbolo del "fallo procreatore ". Dal momento in cui l'uomo, in qualche modo negando o scotomizzando l'uguale contributo femminile alla procreazione, avalla a se questo potere magico - divino , il disperdere il seme , portatore della nuova vita, divenne una colpa. L'omosessualita' maschile "passiva"che, in qualche modo "abbassava" un uomo al ruolo femminile- si ricordi che a lesbo veniva insegnata la fellatio e che questo comportamento poteva essere richiesto all'uomo passivo- divenne invece vergogna.










* Presidente Associazione per la Ricerca in Sessuologia (A.R.S.) di Genova.



** Dottoranda in Filologia greca e latina presso l'Universita' di Genova. La parte relativa ai riti d'iniziazione nell'antica Grecia spetta alla dott. Manzini.