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PSICHE E TEATRO

LA VIA DELLE ARTI

RUBRICA A CURA DI

Michele Cavallo

 

Catarsi

Nel linguaggio psicologico questo termine ha assunto una pluralità di significati ambigui.

Senza voler fare opera filologica, è noto come lo stesso Freud facesse riferimento all’accezione aristotelica. Nella Poetica, Aristotele usa tale termine parlando della tragedia, per spiegare l’effetto di purificazione dell’animo che lo spettatore esperisce assistendo alla rappresentazione. La tragedia rappresenta (imita) fatti gravi, luttuosi, suscitando forti emozioni (terrore e pietà). Ma questa purificazione delle passioni è da intendere in senso "etico", come sublimazione? Oppure in senso meccanico di liberazione, evacuazione?

In ogni caso, dalla accezione psicoanalitica a quella dello psicodramma di Moreno fino alle recenti formulazioni delle psicoterapie espressive e delle varie Artiterapie, il termine catarsi sembra corrispondere a: scarica, evacuazione, sfogo, espressione, espulsione.

Probabilmente né Aristotele né Freud e forse neppure Moreno hanno voluto intendere la catarsi in questo senso. Vorrei proporre alcune considerazioni di Fornari, che problematizzano proprio questa associazione:

"La "catarsi" è riaffiorata nella nostra epoca all’inizio della psicoterapia moderna: il metodo detto appunto catartico di Breuer e Freud. (…) Nel metodo catartico la rappresentazione del fatto penoso obliato (come equivalente dell’incubo) tende a coincidere con l’evocazione e quindi con la presenza del fatto penoso stesso, allo scopo di scongiurarlo. Il metodo catartico assume così l’aspetto di una ripresentificazione dell’evento infausto e di una sua esorcizzazione attraverso la rappresentazione (…). Freud si rese conto che ciò che agiva terapeuticamente nel metodo catartico non era semplicemente la possibilità di rappresentare il fatto penoso obliato attraverso il ricordo, bensì il rivivere il ricordo nell’ambito di una relazione di transfert che, in quanto comporta affetti, implica una mescolanza di energia e di significazione. (…) Dopo Freud l’amore è un processo di transfert e il transfert significa che gli affetti non presentano se stessi, ma stanno al posto di qualcosa d’altro, di altri affetti, per altre persone. Il transfert contiene la situazione teatrica, nel senso che l’affetto per una persona trasforma la persona in qualcosa che sta al posto di un personaggio.

L’analisi del transfert mette in crisi il concetto aristotelico della catarsi, come processo curativo che libera dal male attraverso una specie di purificazione realizzata per mezzo della espulsione-abreazione di qualcosa di cattivo. Con l’analisi del transfert l’incubo viene affrontato da svegli: non più nella situazione ipnotica. Questa ha in comune con il teatro il suo essere una condizione nictemerale, mescolanza strana di veglia e di sonno. Nell’analisi il soggetto che parla, da sveglio, dei propri sogni, sposta l’asse terapeutico dalla evacuazione-catarsi alla produzione di segni. L’incubo viene così esorcizzato attraverso la comprensione del suo significato. (…) Non si tratta più nemmeno di esorcizzare l’incubo attraverso una serie di rappresentazione-mimesi come è nel teatro greco o nella sacra rappresentazione medioevale. Nasce, al posto della semplice rappresentazione, un modo più sofisticato di controllare l’incubo attraverso una ricerca, che porti alla significazione" (Fornari, pp. 155-157)

Più recentemente all’interno del paradigma delle Artiterapie, la prospettiva della drammaterapia (o teatroterapia) propone una concezione della catarsi che integra ed estende tali riflessioni.

Ritornando proprio alla radice teatrale, il teatroterapeuta vede la catarsi come un processo attivo di costruzione di senso. Attraverso la rappresentazione artistica, il cliente può prendere contatto e comprendere, smorzandone l’effetto emotivo immediato, gli aspetti profondi della sua realtà psicoloogica ed esistenziale. Contemplare dall’alto, vedere da una certa distanza le passioni negative può contribuire alla comprensione del loro significato.

Come sottolinea Landy (1994), la catarsi nella dramma terapia non è necessariamente uno sfogo di forti sentimenti, uno sgorgare di lacrime o un parossismo di risate e abbracci. Spesso è una reazione discreta, un silenzioso momento di riconoscimento: "la catarsi implica l'abilità di riconoscere le contraddizioni, di vedere come aspetti conflittuali della vita psichica o della vita sociale, del pensiero, del linguaggio o del sentimento possano esistere simultaneamente" (p. 114). La catarsi, allora, può essere vista come il riconoscimento di un paradosso psicologico. La comprensione di un conflitto che genera tensione e disagio. Nell’esperienza estetica la persona si trova a una distanza da cui può comprendere.

Landy (1994) descrive questa condizione distinguendola dallo stato di ipodistanza e di iperdistanza:

 

 

Ipodistanza

 

Distanza estetica

 

Iperdistanza

 

Confusione, sofferenza, eccessiva immedesimazione

Catarsi

Senza emozioni, eccessivo distacco

 

Ad una "distanza estetica", la persona può esperire l'ansia senza esserne sommersa; può "sentire intelligentemente" e "capire sentimentalmente", elaborando la tensione attraverso la catarsi.

Quindi la catarsi non come sfogo o scarica, ma come modulazione delle emozioni.

 

Bibliografia citata

FORNARI Franco, Coinema e icona. Nuova proposta per la psicoanalisi dell’arte, Il Saggiatore, Milano, 1979.
LANDY Robert, Drama Therapy: Concepts, Theories and Practices, Springfield, Thomas, 1994.