1. INTRODUZIONE
L'atteggiamento che la psicologia attualmente presenta nei confronti
di quei fenomeni studiati per definizione dalla cosiddetta parapsicologia
è analogo a quello della scienza in genere: malfidenza,
scetticismo, o nella migliore delle ipotesi, rimozione.
Ciò è del tutto comprensibile, se si pensa alla
difficoltà perfino di accordarsi sull'esistenza dell'oggetto
di studio della parapsicologia.Tale oggetto di studio e' per sua
natura sfuggevole e difficilmente inquadrabile nell'ambito della
metodologia scientifica e quindi molto piu' arduamente investigabile.
Questa condizione di difficolta' di approccio ha, purtroppo, consentito
spesso dello spazio a personaggi disonesti e malintenzionati che
nulla hanno a che fare con il giusto rigore e la necessaria serieta'
di un approccio scientifico, creando così un insidioso
terreno di coltura per una diffusa confusione e accentuata malfidenza.
Tuttavia, il rischio che si corre in questi casi è quello
di "gettare via il bambino con l'acqua sporca", nel
momento in cui si respinge, si ignora o si svuota di dignita'
lo studio di quelle che sono state definite "fenomenologie
insolite"o"fenomenologie anomale" (Schena Sterza,
1992), soltanto per evitare di entrare "in contatto"
con il mondo dei ciarlatani e dei truffatori che di solito gravita
intorno ad esse.
Il fatto che ci siano spesso persone in malafede, interessate
a queste problematiche, non è certo una motivazione valida
e sufficiente per denigrare o ignorare la possibilità di
studiare, in maniera seria e scientifica, anche quei fenomeni
che si discostano dai canoni classici di riferimento.Infatti,
non va dimenticato che alla base delle cosiddette "rotture
di paradigma" che hanno condotto alle grandi rivoluzioni
scientifiche (si pensi ad esempio al passaggio dal sistema tolemaico
a quello copernicano) spesso abbiamo avuto propio l'osservazione
e lo studio di quelle che erano considerate "anomalìe"(Kuhn,1970).
In sintesi, possiamo schematizzare la nostra posizione a riguardo sostenendo che il problema non è tanto quello del se considerare e studiare le fenomenologie anomale, bensì quello del come approcciare e trattare questi fenomeni che costituiscono gia' di per se' un dignitoso e interessante oggetto di studio,specialmente per la psicologia; e questo a prescindere (come direbbe il buon Toto'!) dalla loro piu' o meno provata consistenza oggettiva e dalla possibile messa in discussione dei paradigmi attuali della scienza ufficiale.
Ed è proprio sulle modalità di studio delle fenomenologie anomale che, secondo noi, la psicologia può fornire in particolare dei contributi utili e significativi.
2. ALCUNE DEFINIZIONI E DELIMITAZIONI
Vogliamo in questo contesto definire e delimitare l'ambito delle
nostre schematiche riflessioni.
Le fenomenologie anomale a cui abbiamo fatto riferimento costituiscono
quell'area di studio elettivamente studiata da quella che viene
comunemente chiamata "parapsicologia". Anche se comprendiamo
le motivazioni e le vicissitudini che sono alla base dell'uso
di questo termine, non concordiamo sulla necessita' di una disciplina
ad hoc che studi tali fenomeni, in quanto essi possono
ricadere nel campo di interesse delle discipline scientifiche
gia'esistenti a patto che non ci siano delle irragionevoli rigidita'
e dei pregiudizi irrazionali.
L'oggetto di studio di questo approccio comprende una serie di
ampie esperienze umane che sono state definite "esperienze
psichiche". Esse avrebbero come caratteristica di base quella
di sfuggire alle comuni spiegazioni convenzionali e di configurarsi
percio', in tal senso, come "fenomenologie anomale".
Gli studiosi di quest'area, nel corso degli ultimi decenni, hanno
sviluppato un sistema di precisa classificazione di questi fenomeni
che consiste di una prima generale suddivisione:
- percezione extrasensoriale (ESP)
- psicocinesi (PK)
L'ESP si riferisce alla apparente possibilita' di acquisire informazioni
senza l'impiego dei normali canali sensoriali del corpo e senza
inferenze logiche di alcun tipo. Essa si suddivide in "telepatia"
e "precognizione".
La PK si riferisce, invece, all'apparente capacita' umana di influenzare
lo spostamento di oggetti, eventi o persone senza l'utilizzo del
sistema muscolare.
In questo contesto considereremo soltanto alcuni aspetti dell'ESP,
trascurando del tutto la piu' improbabile fenomenologia PK.
Prenderemo in considerazione quei fenomeni che sono denominati
"telepatia", "precognizione" e "illuminazione".
Per "telepatia" si intende comunemente la "consapevolezza
extrasensoriale dei contenuti, o degli stati mentali di un'altra
persona" (Wolman, 1979, p. 1037).
Per "precognizione"o "chiaroveggenza" si intende
la "conoscenza di un evento futuro che non potrebbe essere
stato previsto o inferito con mezzi normali" (Wolman, 1979,
p. 1031).
Infine, per "illuminazione" o "insight" intendiamo
un'improvvisa apertura della mente verso una nuova forma di conoscenza,
non dovuta ad un comportamento precedente per "prove ed errori",
bensì alla ristrutturazione e riorganizzazione di una esperienza
personale (Burt, 1977, p. 115).
3. METODOLOGIA
I metodi di ricerca utilizzati dagli studiosi seri di "fenomenologie
anomale" sono gli stessi che vengono adoperati dagli studiosi
di scienze sociali e psicologiche, con un crescente incremento,
specie negli ultimi tempi, anche dell'apporto delle scienze naturali
e fisiche.
Tali metodi sono schematicamente di 3 tipi:
I) studio dei casi conosciuti o "spontanei", in cui si espongono le osservazioni su un'esperienza personale insolita, a volte corroborate da dati e/o testimonianze; queste osservazioni possono successivamente costituire una base per eventuali progetti futuri di ricerca;
II) ricerche sul "campo", effettuate in quei rari casi in cui e' possibile studiare i fenomeni insoliti mentre si verificano;
III) il metodo sperimentale, dove classicamente lo sperimentatore cerca di controllare alcune variabili (variabili indipendenti) e di misurarne gli effetti che esse possono produrre su alcune altre variabili (variabili indipendenti) alle quali egli e' interessato.
In questo contesto ci limiteremo alla esposizione di un caso di
fenomenologie anomale di cui sono stato testimone nel corso dello
svolgimento della mia attivita' professionale.
4. IL CASO
Descrizione
Quando Maria si presentò per chiedere un aiuto psicoterapeutico
aveva 22 anni. Venne accompagnata dalla madre e cominciò
tremante e singhiozzante a raccontarmi i motivi che l'avevano
spinta a chiedere aiuto.
Disse che le succedevano delle "cose strane" e bizzarre
che sintetizzò in quelli che lei chiamava "momenti
di assenza", periodi più o meno brevi in cui entrava
in uno stato di imbambolamento di cui poi non ricordava quasi
nulla.
La cosa che la colpiva di più era la netta sensazione di
vuoto, di malessere e amarezza che le restava dopo questi momenti,
insieme a dei sintomi fisici come mal di testa, vertigini e formicolìo.
Inizialmente queste crisi avevano una frequenza mensile che poi
era gradualmente diventata settimanale e bisettimanale.
Questo incalzare della frequenza aveva turbato molto e messo in
forte ansia Maria che dopo l'aggravarsi contemporaneo della sintomatologia
fisica era entrata in uno stato depressivo.
Ed è proprio a questo punto che la madre, dopo aver consultato
il medico di famiglia, la spinse a richiedere un intervento psicoterapeutico.
II. Commento
E' ovvio che in questa sede non possiamo descrivere dettagliatamente
tutto il caso, essendoci prefissati di fornire unicamente quelle
informazioni utili per la comprensione della fenomenologia di
cui parleremo fra poco.
E' dunque importante, in tal senso, tenere in primo luogo presente
che, attraverso la nostra indagine appurammo che Maria aveva subìto
in passato, e continuava in parte a subire ogni tanto, delle violenze
fisiche da parte di figure parentali.
Inizialmente dal padre che usava picchiarla spesso quando era
ubriaco.
Successivamente, quando il padre era stato costretto ad andare
a vivere da solo, da parte del nuovo compagno della madre, cosa
questa della quale sembra che la madre stessa fosse stata tenuta
all'oscuro.
Un'altra informazione utile ai fini del nostro discorso è
che durante la prima fase della psicoterapia, concentrammo particolarmente
i nostri sforzi per creare un clima terapeutico di sicurezza e
fiducia reciproca, in cui la paziente potesse sentirsi protetta
e a suo agio, condizione "sine qua non" per coinvolgerla
in una collaborazione terapeutica.
III. La fenomenologia
Dopo 3 mesi dall'inizio della psicoterapia cominciarono a verificarsi
una serie di episodi apparentemente "inspiegabili",
alcuni dei quali andremo ad esporre qui di seguito.
Durante il corso di una seduta Maria, che era solita chiamarmi
"dottore", mi chiamò per tutto il tempo "professore".
Quando le chiesi, alla fine della seduta, perché mi aveva
chiamato così mi rispose che non lo sapeva, forse perché
le ricordavo un suo professore delle scuole superiori.
Maria aveva frequentato le scuole superiori presso un liceo della
provincia senese, dove la sua famiglia aveva risieduto per un
periodo di tempo durante la sua adolescenza.
Fin qui questo sembra un episodio del tutto banale.
Tuttavia, alla luce delle osservazioni che seguiranno esso potrebbe
assumere agli occhi del lettore una dimensione più interessante.
Il giorno di quella seduta ero in attesa di una risposta da parte
di un professore universitario che insegnava presso una università
toscana e per la verità questa attesa mi metteva un po'
in apprensione, in quanto avevo bisogno di un suo articolo entro
tempi brevi per "chiudere" il numero di una rivista
scientifica di cui ero responsabile.
Naturalmente la paziente non sapeva nulla di tutto ciò
e né io la misi minimamente al corrente.
Ma l'episodio ancora più inquietante si verificò
qualche mese più tardi quanto la paziente mi raccontò
questo sogno: «Mi trovavo in una specie di aula circolare
con i banchi disposti a gradinata e con al centro un grosso tavolo.
Sopra vi era disteso un uomo anziano defunto e accanto vi era
una donna dal piglio autorevole che stava presentando un oratore
che avrebbe dovuto parlare del defunto. Quell'oratore era lei,
dottore, che era vestito con una vaporosa toga scura e con un
piccolo ma vistoso cappello in capo. Lei scende lentamente i gradini,
si avvicina alla donna - presentatrice che poi la lascia da a
solo parlare del defunto. Ma lei si avvicina al defunto, lo accarezza
amorevolmente e poi comincia sommessamente a piangere».
Questo sogno mi fu raccontato dalla paziente nel mese di ottobre.
Dopo tre mesi io subii un grave lutto familiare e dopo quattro
ebbi l'incarico di un insegnamento, presso la Scuola di Specializzazione
in Psicologia Clinica dell'Università di Siena, riguardante
la psicologia dell'invecchiamento.
Questi due episodi, apparentemente casuali e senza un senso preciso,
mi colpirono molto e insieme a un'altra serie di osservazioni
su cui ora non posso dilungarmi, stimolarono profondamente la
mia curiosità scientifica.
Senza soffermarmi ulteriormente sul caso in questione, mi limiterò
ad escludere che la paziente potesse essere consapevole di una
serie di eventi e informazioni che mi riguardavano e di cui nemmeno
io, sicuramente almeno in due casi (il grave lutto familiare e
l'incarico universitario), potevo essere a conoscenza.
Si potrebbe anche obiettare con la spiegazione delle "coincidenze",
ma francamente sembra la classica spiegazione che non spiega nulla.
Rivediamo i due episodi:
1° Maria mi chiamò "professore" solo ed
unicamente in quella seduta, laddove io avevo effettivamente nei
miei pensieri un professore; non solo, ma su mia sollecitazione
rispose che mi chiamava così perché le ricordavo
un suo professore del liceo di una provincia toscana, mentre anche
il professore che avevo in mente io insegnava in una università
toscana.
2° Nel secondo episodio le "coincidenze" sono,
se possibile, ancora più inverosimili. Il sogno narratomi
dalla paziente contiene, infatti, degli elementi che presentano
delle impressionanti "previsioni" di eventi futuri,
di cui nemmeno io potevo essere consapevole. In primo luogo, la
persona anziana defunta. La scomparsa di mio padre da li a qualche
mese non era, all'epoca del sogno della paziente, facilmente prevedibile
e sicuramente non lo era di più della morte di qualsiasi
altro di noi. Egli, infatti, non aveva ancora manifestato i segni
della malattia che lo avrebbe portato via tre mesi dopo. Certo
è che io mi portavo dentro una certa preoccupazione legata
all'età (77 anni) e al fatto che aveva ricominciato a evidenziare
quella che sembrava un'altra delle sue periodiche crisi depressive.
La seconda "coincidenza", che può essere sintetizzata
nell'immagine onirica della paziente raffigurante la mia persona
vestita da "professore", in procinto di tenere una lezione
accanto al corpo di un anziano defunto, è ancora più
improbabile. All'epoca del sogno, infatti, non avevo nemmeno preso
in considerazione per ipotesi che potesse essermi affidato l'insegnamento
sulla psicologia dell'invecchiamento (presso un'università
toscana). Quel che sapevo in quel momento era soltanto l'eventualità
di avere un insegnamento, ma quell'insegnamento in particolare
era completamente al di fuori anche dal mio campo di ipotesi.
IV. Fase finale della psicoterapia e "illuminazione"
Avevamo lavorato a lungo sulla esplorazione dei suoi significati
personali e un giorno venne ad una seduta tutta eccitata, dicendomi
che aveva capito quale era il senso della sua vita: lo aveva compreso
la notte scorsa, quando si era svegliata all'improvviso con una
nuova idea fissa per la testa: il buon Dio desiderava che ella
dedicasse il resto della sua esistenza a combattere contro la
violenza e aiutare le altre ragazze a non subire quello che aveva
subìto lei. Nella fase finale della psicoterapia,dunque,
la paziente ebbe quella che lei stessa definì il "fulmine
improvviso" che illuminò " il cielo buio"
della sua esistenza. Mentre mi esponeva ciò aveva un'espressione
felice, con gli occhi che le brillavano, la voce quasi rotta per
l'emozione e le mani che gesticolavano vivacemente.
5. BREVI NOTE SPECULATIVE
Vedremo ora di fissare alcuni punti di partenza per l'analisi
degli eventi di cui abbiamo sopra discusso, senza, naturalmente,
fornire l'impressione di voler trovare delle risposte o delle
spiegazioni esaustive ai fenomeni osservati. Faremo riferimento
ad alcune teorie e concettualizzazioni che, a nostro avviso, potrebbero
fornire delle probabili "chiavi di lettura" per almeno
alcuni aspetti dei fenomeni osservati.
I) Il sogno in psicologia e in psicoterapia
Come e' noto fu S.Freud (1899) il primo studioso a strutturare
un approccio di tipo scientifico al fenomeno del sogno. Tuttavia,
i sogni interessano e affascinano l'umanita' fin dalla sua nascita
e sono innumerevoli in letteratura gli esempi di sogni celebri
riportati in aneddoti, romanzi , poesie,etc.(Si veda ad es. il
famoso sogno premonitore dell'imperatore romano Costantino alla
vigilia della battaglia; o il sogno di don Rodrigo nei "Promessi
Sposi", oppure i "sogni premonitori" dei vari
personaggi della "Profezia di Celestino"; etc.)
Tuttavia, anche diversi altri studiosi si sono occupati dei sogni
da Freud in poi e, a partire dagli anni '50-'60 con la
cosiddetta"rivoluzione cognitivista" (Miller,Galanter,Pribram,1960;Neisser,1967;etc.)
sono cominciati degli studi di impostazione cognitivista sui sogni.
In questo contesto non possiamo certo esporre una rassegna esaustiva
di tali studi e pertanto ci limiteremo ad accennare brevemente
ad alcune conclusioni fra le piu' rappresentative in questo campo
.(Per un aggiornamento si veda,ad es.,Seminari,"Il
sogno in psicoterapia cognitiva",1992).
Calvin Hall (1953) ha cosi' sintetizzato alcune linee-guida per
una teoria cognitiva sul sogno:
- Il sognare e' un'attivita'cognitiva e il sogno e' una rappresentazione
pittoriale delle concezioni del sognatore.
- L'interpretazione del sogno consiste nella scoperta delle concezioni
sottese alle immagini oniriche.
- Le concezioni rappresentate nei sogni generalmente ricadono
in una delle classi seguenti: a) concezioni sul se'; b) concezioni
sugli altri; c) concezioni sul mondo; d) concezioni su impulsi,
proibizioni e punizioni; e) concezioni sul conflitto.
- Le concezioni sono organizzate in sistemi concettuali e questi
sistemi costituiscono gli antecedenti del comportamento.
-I sogni forniscono un materiale eccellente per l'analisi dei
sistemi concettuali poiche' essi descrivono concezioni inconscie
e prototipiche
Con l'avvento dell'era informatica si sono sviluppate diverse
teorie impostate sull'analogia "uomo-computer". Tra
queste una delle prime e' stata quella di Evans-Newman (1964)
i quali, partendo dagli studi di Dement (1960,1964) sulla registrazione
elettrica dei movimenti oculari in fase REM, hanno sostenuto che
la funzione primaria del sogno e' quella di fornire un "filtro
mnestico", una specie di esame notturno della vasta massa
di materiale raccolto nella vita diurna, col conseguente "rigetto"
dei ricordi e delle risposte ridondanti e improprie, assimilandosi
in cio' all'attivita' di cleaning-off del computer.
In tempi piu' recenti si e' avuta una ulteriore riscoperta in
ambito scientifico dell'interesse sul sogno.
I lavori di Foulkes (1985), Globus (1987) ed Hunt (1989) costituiscono
degli eccellenti esempi di questo nuovo impulso.
Questi autori sostengono che il sogno dovrebbe essere incorporato
in una piu' ampia teoria della mente, essendo tale complessa attivita'
simbolica un processo cognitivo complementare ai processi di pensiero
in atto nella vita da svegli.
In tal senso, risulta per noi di fondamentale importanza studiare
il sogno all'interno dei "sistemi di rappresentazione "
della conoscenza individuale.
Un sistema di rappresentazione è costituito dall'imagery
e dal dialogo interno che costituiscono lo "stile rappresentativo"
del soggetto, vale a dire le modalità individuali di rappresentazione
della conoscenza.
Ciò significa che le persone si "costruiscono"
la loro conoscenza attraverso lo stile rappresentativo che risulta
unico e irripetibile, coinvolgendo in maniera caratteristica le
tonalità emotive individuali alla base dei processi cognitivi.
In quest'ambito, l'imagery può essere definita come:
".....un processo cognitivo-emotivo, una modalità
di rappresentazione della conoscenza che si serve del codice immaginativo,
in parallelo con l'altra modalità, quella del dialogo interno
ed è relativamente indipendente da stimolazioni esterne
all'organismo." (Sacco, 1994, p.53).
In accordo con tale impostazione, il sogno può così
essere concepito come il corrispettivo notturno dell'attività
immaginativa diurna, dove il codice "pittoriale" diventa
lo strumento centrale di espressione di tale attività.
La mente umana sembra avere un bisogno continuo di elaborare informazioni,
anche durante il sonno in cui i circuiti neuronali si trovano
in una specie di stato di stand-by.
Per una serie di condizioni psicofisiologiche concomitanti (stato
attenuato di vigilanza, stato di rilassamento muscolare, diminuzione
drastica degli input sensoriali,etc.) le "immagini
oniriche" presentano delle caratteristiche differenziali
rispetto a quelle prodotte nella vita da svegli, tra cui: una
prevalente maggior vividezza; una tendenziale minor controllabilità;
un generale maggior senso di veridicità; etc.
II) I sogni "insoliti"
Lo stesso Freud (1921) si era gia' occupato di quelli che sono stati definiti "sogni insoliti ", o "sogni paranormali", arrivando ad affermare, nonostante la sua ferrea impostazione positivistica che: "...e' un fatto incontestabile che il sonno crei condizioni favorevoli alla telepatia"(1953,p.86).
Riguardo tale tipologia di sogno qualche dato circa la loro frequenza e i loro contenuti tematici lo si puo' ottenere esaminando le rassegne di casi che includono la loro descrizione. Un classico in tal senso e' quello di Gurney, Myers e Podmore, 1886; mentre, in epoca piu' recente, abbiamo la rassegna di Stevenson (1968) che ha calcolato che "...almeno cinquemila casi ragionevolmente ben documentati sono stati pubblicati nella sola letteratura inglese.Molti altri casi eccellenti sono stati pubblicati in francese,tedesco,olandese ed altre lingue"(p.116).
Una delle peculiarita' piu' sorprendenti e stimolanti di questo tipo di sogni riportate da numerosi studiosi fin dall'antichita' e' che spesso vengono rappresentati degli eventi futuri o gia' accaduti ma di cui il sognatore non era a conoscenza. Mentre i temi più ricorrenti riguardano la morte, incidenti , traumi personali o di persone care.
Il materiale presentato in tali interesanti rassegne risulta purtroppo utilizzabile soltanto in maniera molto limitata, nè può essere in alcun modo generalizzato in quanto, la maggior parte delle rassegne di casi spontanei non riportano analisi separate dei dati fondate solo sul materiale onirico, mentre non è lecito fidarsi dei resoconti di sogni non documentati e che spesso sono inviati con appelli tramite mezzi di comunicazione.
Tuttavia, il materiale presentato in tali interessanti ma non probanti rassegne ha contribuito a stimolare la ricerca scientifica in tal senso ed ha potuto cominciare a trovare, sebbene con molte difficolta', un tentativo di approccio scientifico solo con il procedere di un certo sviluppo tecnologico, e soprattutto con i progressi nella comprensione del meccanismo fisiologico del sonno e del sogno, addivenuto alla necessaria maturita' verso la fine degli anni sessanta.
Fu così possibile l'avvio degli studi del famoso Dream Laboratory del Maimonides Medical Center of Brooklyn che si sono protratti fino al 1978. I risultati e la metodologia di un decennio di tale programma sperimentale avviatosi nel 1960 sono stati pubblicati in più di 50 articoli e riassunti in una monografia tecnica (Ullman, Krippner,1970) e in un testo divulgativo (Ullman, Krippner, Vaughan, 1973).
Riportiamo qui di seguito lo schema sperimentale di base tipico di tale progetto:
" ...al percipiente venivano applicati degli elettrodi EEG in modo che il suo sonno potesse venire controllato mentre egli si trovava a letto in una camera insonorizzata. Dopo che il percipiente era andato a letto, una busta contenente il bersaglio, una riproduzione di un quadro, venne scelta in base ad una tavola di numeri casuali e data all'agente. Tale busta non veniva aperta finchè l'agente non era rinchiuso nella sua camera per tutta la notte. La stanza dell'agente nei primi studi si trovava a 10 metri di distanza dal laboratorio, in seguito a 30 metri e più tardi ancora a 14 miglia di distanza. Una terza persona, il controllore, osservava i tracciati EEG per tutta la notte cosìcchè potevano venire messi in evidenza i periodi REM del percipiente. Appena aveva inizio un periodo REM, il controllore faceva un segnale all'agente per assicurarsi che fosse sveglio e per invitarlo a rinnovare le sue procedure di 'trasmissione'. Dopo 10-20 minuti di attività REM, il controllore destava il percipiente mediante un interfono e gli chiedeva di descrivere i suoi sogni con i maggiori particolari possibili. Al termine del resoconto onirico, che veniva registrato il controllore segnalava all'agente che poteva andare a dormire se lo desiderava. La medesima immagine-bersaglio veniva impiegata per tutta la notte. Il controllore continuava a svegliare il percipiente a ogni periodo-REM per ottenere i rapporti onirici, e l'agente continuava a concentrarsi sul disegno-bersaglio durante ogni fase-REM dopo il segnale del controllore. La mattina seguente, al percipiente venivano mostrate in genere 8-12 riproduzioni di quadri, una delle quali era la copia del bersaglio che l'agente aveva tentato di trasmettere. Il percipiente classificava le riproduzioni, assegnando inoltre a ciascuna un voto di sicurezza da 1 a 100 a seconda del grado di somiglianza con le emozioni e il contenuto dei suoi sogni. I dattiloscritti completi dei resoconti dei sogni venivano inviati a tre giudici esterni insieme al gruppo delle riproduzioni di quadri, perchè anch'essi le classificassero e le valutassero. Se le riproduzioni erano otto, veniva considerato un 'successo' se il disegno-bersaglio veniva assegnato fra i primi quattro disegni in ordine di somiglianza al sogno; veniva invece computato come 'errore' se il bersaglio veniva inserito negli ultimi quattro disegni nella scala di somiglianza. Il numero di 'successi' e di 'errori' veniva valutato statisticamente mediante la formula binomiale. I voti di sicurezza, varianti da 1 a 100 per riproduzione, venivano valutati mediante una tecnica di analisi della varianza (ANOVA)." (Van De Castle,1979, p.551-2).
Abbiamo riportato così per esteso tale piano sperimentale per illustrare la estrema complessità e la raffinatezza di tale procedura . Senza poter entrare troppo nel merito di un'analisi particolareggiata dei risultati, possiamo schematicamente constatare la contraddittorietà di essi che si presentano a volte significativi e a volte irrilevanti.
Tutto ciò conduce alla conclusione di un'inevitabile ulteriore
lavoro di approfondimento che dovra' necessariamente chiarire
nei prossimi anni le incongruenze e le difficoltà emerse
negli studi passati. Una cosa sembra tuttavia evidente allo stato
attuale delle ricerche: non vi sono elementi sufficienti per
esprimere una qualsiasi valutazione conclusiva. La presenza di
risultati contraddittori fra loro sembra deporre a favore della
non-linearità del fenomeno studiato e sulla necessità
di raccogliere nuovi dati, ma soprattutto di riflettere su quelli
già disponibili.
III) Sogni insoliti nel setting psicoterapeutico
Descrivere ciò che accade nel setting psicoterapeutico è già di per sè un'impresa difficile ed impegnativa. Infatti si può esporre con una relativa facilità la strategia e le tattiche psicoterapeutiche, insieme alle varie fasi fino a quella finale; tuttavia, parlare degli aspetti interpersonali, di quello che avviene dal punto di vista umano fra terapeuta e paziente risulta effettivamente un'impresa di grossa difficoltà. Quando poi si verificano dei fatti "insoliti" le difficoltà arrivano ad essere così pesanti che la maggior parte dei colleghi evita perfino di parlarne, almeno nelle "sedi ufficiali ". Tali difficoltà sono, sia di tipo intriseco (difficoltà sul come esporre) che di tipo estrinseco (timore di esporsi e di essere attaccati). Rimane perciò prevalentemente il livello di confidenze personali, per cui succede sporadicamente con qualche collega di parlare di alcuni eventi "insoliti" che possono verificarsi nel corso di una psicoterapia.
Ad ogni modo in letteratura sono presenti dei resoconti di "sogni
insoliti", specialmente di clinici di estrazione psicoanalitica
(si veda, per es., Devereux,1953; Servadio, 1955; Ullman, 1959;
Eisenbud, 1970; etc.).
La base su cui sembrano poggiare tali sogni "insoliti"
è costitutita dalla forte emotività elicitata nella
relazione terapeutica, e se si aggiunge che in psicoanalisi il
sogno è lo strumento di indagine per eccellenza, non desta
meraviglia che tali resoconti siano quasi esclusivamente di estrazione
psicoanalitica.
Una delle caratteristiche più ricorrenti dei sogni esposti
in questi resoconti è che spesso sembrano essere
incentrati sulla figura del terapeuta: problemi nella relazione
terapeutica; aspetti della sua vita privata; etc.
IV) Inconscio cognitivo ed elaborazione inconscia dell'informazione
Il fatto che esistano dei contenuti di informazione inconscia
non recuperabile in modo volontario dalla coscienza ha avuto una
dimostrazione empirica fin dal compimento dei primi esperimenti
scientifici sull'ipnosi (Ellenberger, 1970). Attualmente si sono
avute diverse conferme sperimentali in tal senso, sia dalla psicologia
cognitivista che dalla neuropsicologia.
Gli studi della psicologia cognitivista si basano su un disegno
sperimentale caratteristico (Semerari,1991; p.65): al soggetto
sperimentale viene somministrato uno stimolo al di sotto della
soglia percettiva o fuori dal campo di attenzione cosciente e
successivamente viene verificata l'influenza di tale tipo di informazione
sull'esecuzione di compiti cognitivi (Lewis, 1970; Turvey, Ferting,
1970).
L'importanza del meccanismo di "elaborazione inconscia dell'informazione"
(Marcel, 1980; Reber, 1992; Velmans, 1991; ) può essere
colta, fra l'altro, da una serie di ricerche sperimentali in ambito
neuropsicologico, di cui ci limitiamo a riportare un breve esempio
illustrativo: se si chiede a soggetti normali di discriminare
fotografie di volti noti da fotografie di volti non noti, si ottiene,
oltre alla ovvia risposta verbale corretta ("si" se
il volto è noto, "no" se il volto è ignoto),
anche una risposta psicogalvanica informativa.
La risposta psicogalvanica registrata in presenza della fotografia
è di maggiore ampiezza quando il volto è noto rispetto
a quando il volto è ignoto. Nello stesso compito, il paziente
prosopoagnosico fornisce, invece, una risposta verbale (conscia)
non corretta, cioè casuale, ed una risposta psicogalvanica
(inconscia) appropriata, cioè più ampia, per un
volto che dovrebbe essere noto (Umiltà, 1995 ; p.
26-27).
Questa ed altre situazioni sperimentali dimostrano, oltre l'esistenza
di un tipo di elaborazione inconscia (conoscenza implicita) anche
la possibilità di forme dissociative fra elaborazione conscia
ed inconscia che esiste anche nei soggetti normali con ampie differenze
individuali, ma che diventa esasperata nei soggetti prosopoagnosici,
che in seguito ad una lesione corticale non riconoscono il volto
di persone note.
Ritornando al nostro caso, nel primo episodio, quello del "professore"
, Maria non poteva conoscere l'episodio in sè, tuttavia,
da qualche atteggiamento inconsapevole potrebbe aver colto inconsciamente
un certo mio stato emotivo di apprensione. Da questo si potrebbe
essere avviato un meccanismo di elaborazione inconscia del materiale
da lei colto ,presumibilmente innescato dalla percezione inconsapevole
del mio stato emotivo, favorito dall'altra percezione di una presunta
somiglianza di atteggiamenti fra me e quel suo professore di liceo.
Dunque, il meccanismo dell'elaborazione inconscia dell'informazione
può gettare un fascio di luce su questo episodio, tuttavia
non spiega il come da una possibile ricezione inconscia
di un mio stato emotivo, nella paziente si sia evidenziata la
connessione fra il mio pensiero sul "professore", i
miei presunti atteggiamenti da "professore" e il suo
professore di liceo (toscano).
V) Stati e contenuti di coscienza
Oltre al costrutto di "elaborazione inconscia" dell'informazione
introduciamo adesso quelli di "stato di coscienza" e
di "contenuti di coscienza", per analizzare il secondo
episodio legato alla nostra paziente.
La coscienza, come è noto, è un processo costantemente
mutevole. Infatti: «... Nello stato di sonno, barlumi di
coscienza non troppo lontana da quella della veglia compaiono
in forma di sogni. Le fasi di "dormiveglia" che caratterizzano
l'inizio del risveglio e dell'addormentamento esemplificano ulteriormente
la mutevolezza degli stati in cui l'apparente continuità
della coscienza-memoria può manifestarsi.
L'affaticamento, l'orgasmo, la concentrazione intensa, la meditazione
profonda, l'immersione in fantasticherie, l'induzione di "trance"
ipnotiche, l'uso di droghe, stati tossici e particolari condizioni
morbose (disturbi dissociativi psicogeni, aure epilettiche ed
emicraniche, effetti di lesioni cerebrali) dimostrano infine come
la coscienza possa esprimersi attraverso un grande numero di "stati"
diversi» (Liotti, 1994; p. 16).
Ed è proprio nello "stato di coscienza" del sonno
che l'elaborazione inconscia dell'informazione diventa prevalente,
se non esclusiva, rispetto a quella conscia: la nostra paziente
può aver elaborato l'informazione da lei probabilmente
colta sul mio stato emotivo di preoccupazione, legato alla condizione
di salute di mio padre (che io non avevo mai, nemmeno indirettamente,
verbalizzato nel corso delle sedute), durante lo stato di coscienza
onirico; non solo riprendendo e continuando quella del "professore"
dell'episodio precedente (che compare anche nel sogno), ma addirittura
"processando" contenuti molto intimi della mia vita
affettiva familiare, portandoli fino alle estreme conseguenze
attraverso la produzione di un'immagine onirica quasi strabiliante
per la sua efficacia sintetica e previsionale: io che devo tenere
una conferenza, vestito da professore, accanto al cadavere di
una persona anziana defunta e che mi disinteresso della platea
essendo coinvolto emotivamente col defunto.
E' chiaro che tale sogno, come tutti i sogni del resto, presenta
dei contenuti di autoreferenzialità della paziente che
qui possiamo soltanto accennare.
A questo proposito ci sembra utile, in primo luogo, soffermarci
sulla classica distinzione fra "contenuti" e "stati"
di coscienza: «... la coscienza è un "processo"
(flusso della coscienza, "stream of conscionsness")
che, nel suo divenire temporale, passa alternativamente da uno
"stato" all'altro, e che ha dei "contenuti"
(pensieri, sensazioni, emozioni) di volta in volta diversi»
(Liotti, ib.).
Infatti, partendo dall'analisi del sogno scaturì, dopo
qualche tempo, nella paziente il seguente pensiero: "Certe
volte invidio perfino quelli che hanno un padre da rimpiangere,
visto che a me non succederà mai?" Come è evidente
questo pensiero era uno dei pensieri principali su cui si basava
il sogno, corrispondente ad un bruciante senso di rammarico della
paziente che non aveva avuto nemmeno un "padre da rimpiangere",
anzi al contrario era felice di essersene liberata!
La mia preoccupazione da lei colta durante le sedute può
aver in qualche modo indirizzato l'elaborazione onirica, abbinando
la sua amarezza alla mia preoccupazione.
Tuttavia, rimane del tutto oscuro l'aspetto predittivo della rappresentazione
onirica di Maria. Come è possibile che poi si sia verificato
ciò che si era rappresentata in sogno? A questa domanda
attualmente non abbiamo purtroppo una risposta.
Possiamo soltanto formulare un'ipotesi di lavoro che vedremo fra
poco.
VI) Setting psicoterapeutico e stati di coscienza
Una terza ed ultima riflessione riguarda un aspetto più
olistico e complessivo, cioè relativo al contesto in cui
si sono verificati i fenomeni di cui abbiamo discusso.
Tale contesto è costituito dal setting terapeutico e della
relazione terapeuta-paziente.
Come è noto tutte le scuole psicoterapeutiche sono ormai
concordi nel riconoscere la centralità della relazione
nel processo terapeutico ai fini del raggiungimento degli obiettivi
in esso prefissati.
Nelle sedute psicoterapeutiche con Maria eravamo riusciti ad instaurare
un buon clima di collaborazione e fiducia reciproca che ha favorito
in maniera decisiva il funzionamento delle tecniche terapeutiche
scelte, facendo gradualmente emergere del materiale personale
di cui la paziente non era consapevole.
Durante questi momenti Maria entrava in uno stato di coscienza
che potremmo definire "alterato" rispetto a quello della
vita ordinaria da sveglia, durante il quale le sue modalità
di elaborazione delle informazioni subivano, presumibilmente,
delle modificazioni favorite dal particolare setting caratteristico
di una situazione psicoterapeutica che può, in parte, presentare
delle somiglianze con alcune delle condizioni generali che sembrano
favorire stati di coscienza particolari come, per esempio, l'esperienza
mistica (Reda, Sacco, 1996; p. 5-6).
In quest'ultima, infatti, si rilevano dei fenomeni simili a quelli
che a volte è possibile osservare in alcune fasi psicoterapiche;
come per esempio quelle della nostra paziente, alcuni dei quali
possono essere così sintetizzati:
"stato di estasi" intimamente connesso a sensazioni
di soddisfazione con l'impressione di dissolvimento dei problemi
quotidiani e una visione più positiva della propria vita;
sensazione di sentirsi in "comunione con un'essenza universale",
nel caso della nostra paziente tale essenza era costituita da
Dio e dalla riconciliazione con le proprie istanze religiose;
modificazioni percettive, emotive e comportamentali. Spesso si
osservano meccanismi di inibizione o di assuefazione verso gli
stimoli sensoriali comuni, come conseguenza dello svolgimento
del flusso attentivo verso il proprio mondo interiore che può
spingersi, in alcuni casi, addirittura fino all'insensibilità
verso certi stimoli dolorosi;
un ultimo fenomeno che può essere comune allo stato dell'esperienza
mistica e in alcuni stati del processo psicoterapeutico è
costituito dalla ristrutturazione cognitivo-esistenziale che conduce
alcuni mistici e pazienti alla scoperta di nuovi significati della
vita, con la messa in atto di strategie comportamentali del tutto
nuove (Reda, Sacco, ib.).
CONCLUSIONI E INIZIO
Con queste riflessioni non siamo certo riusciti a trovare delle
risposte soddisfacenti alle questioni che ci eravamo posti.
Speriamo, tuttavia, di aver perlomeno fornito qualche elemento
stimolante per il proseguimento degli ulteriori studi e ricerche
necessarie.
Vogliamo, comunque, prima di concludere queste note, abbozzare una possibile ipotesi di lavoro futuro: è possibile che in certi stati di coscienza come il sonno, la "trance", la meditazione, l'esperienza mistica, la relazione psicoterapeutica, etc. alcuni individui siano in grado di manifestare delle capacità di elaborazione delle informazioni al di fuori delle normali e consuete modalità di elaborazione quotidiane, insieme a delle capacità inconsuete di saper cogliere aspetti altrimenti non individualizzabili della propria realtà .
Riteniamo, quindi, questo uno dei possibili sentieri da percorrere per tentare di accrescere le nostre conoscenze sulle "fenomenologie anomale", aspetti così controversi e inquietanti della realtà complessa in cui viviamo.
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