Dalla rivista Psicologia e Scuola, numero 16, Ottobre-Novembre 1983, Giunti Barbèra ed.

Fobia: caratteristiche generali

Claudio Ajmone



Questo termine deriva dal greco «phobos» che significa panico, terrore, fuga. Ha inoltre la sua radice in una divinità dallo stesso nome che incuteva terrore ai nemici; i guerrieri dipingevano la sua effigie sulle armi. Ancora oggi il termine mantiene il significato originario; siamo tuttavia in grado di descriverlo più accuratamente.
La fobia è una forma particolare di paura caratterizzata dai seguenti elementi semiologici (Marks):

1) È sproporzionata allo stimolo.


Ciò significa che la maggior parte delle persone reagirebbe con indifferenza o bassi livelli di ansia agli stessi stimoli. (es.: il claustrofobico non riesce a fare una cosa per noi molto facile: prendere l’ascensore).


2) Non può essere controllata con un’analisi razionale.

Spiegare la genesi del disturbo, i meccanismi di mantenimento, la non pericolosità delle situazioni temute e l’assurdità della paura non riduce in alcun modo il problema.


3) Sfugge al controllo volontario.


Vani sono gli appelli all’autocontrollo. Il fobico reagisce ai segnali di pericolo con risposte apprese che hanno carattere di automatismo. Egli non è in grado di controllare le alterazioni del sistema nervoso autonomo quali il battito cardiaco, respirazione, pressione sanguigna, sudorazione, temperatura, tensione muscolare, scariche di adrenalina, ecc. Tutte queste risposte fisiologiche elicitate dallo stimolo fobico sono il risultato di un apprendimento (condizionamento classico). Il loro effetto congiunto è talmente potente e rapido da far stare male il fobico e indurlo alla fuga.


4) Produce l’evitamento della situazione temuta.


La fuga è una strategia di emergenza. Generalmente il fobico prevede in modo accurato tutte le situazioni che lo possono mettere in ansia e le evita sistematicamente. La sua vita può subire forti limitazioni in funzione di questa strategia. L’agorafobico che non esce di casa perde il lavoro, gli amici, gli abituali svaghi. Il bambino con la fobia della scuola è danneggiato nell’apprendimento.


Le fobie si possono classificare in:

A) Fobie per stimoli esterni all’organismo: 1) fobie per animali; 2) fobie sociali; 3) agorafobia; 4) fobie monosintomatiche quali l’acrofobia (paura per l’altezza), l’acquafobia, la claustrofobia (paura degli spazi chiusi), la misofobia (paura dello sporco);
B) Fobie per stimoli interni all’organismo: 1) fobie ossessive; 2) fobie per le malattie; 3) fobia per la morte.

Teorie eziologiche


A) Approccio comportamentale.
In questa ottica si ritiene che le fobie si possono spiegare ricorrendo ai noti paradigmi dell’apprendimento: 1) apprendimento classico pavloniano; 2) apprendimento operante skinneriano; 3) apprendimento per imitazione sociale (Miller-Dollard).
B) Approccio psicoanalitico.
La fobia è considerata un sintomo nevrotico (isteria d’angoscia) il cui significato è inconscio (desideri sessuali e aggressivi). Poiché tali desideri, che provengono da pulsioni istintuali, sono inaccettabili dalla censura, il soggetto se ne libera proiettando parte della carica psichica legata a tali pulsioni su «oggetti» esterni (meccanismo di difesa). L’«oggetto» fobico è temuto sia perché simboleggia il desiderio illecito, sia per le conseguenze punitive che esso evoca (castrazione e perdita di amore).
Variabili che facilitano l’acquisizione delle fobie
Dagli studi di Eysenck emerge che variabili personologiche facilitano l’acquisizione dell’ansia; gli introversi la acquisiscono più facilmente degli estroversi essendo più condizionabili. Anche il sesso è un fattore predisponente che vede la donna al primo posto. Il 95% delle fobie per animali, il 75% delle agorafobie e il 60% delle fobie sociali sono appannaggio delle donne.
Nell’infanzia le paure aumentano e diminuiscono alle varie età sotto l’influenza di fattori socio-culturali, maturazionali, di apprendimento (Jersild, Holmes). Per quanto riguarda l’età, emerge che le fobie per gli animali insorgono nell’infanzia, l’agorafobia e le fobie sociali dopo la pubertà, quelle monosintomatiche a qualsiasi età. Sempre nei bambini, secondo Kennedy, hanno peso fattori quali la razza, il ceto sociale, lo stato di salute il rapporto con i genitori.
Alcune fobie hanno effetti gravemente invalidanti di natura psicosomatica, sociale, psicologica Il loro trattamento ha carattere di urgenza. Le tecniche di terapia comportamentale sono quelle che hanno ottenuto i risultati più brillanti con una percentuale di successo dell’80% in trattamenti della durata media di 30 sedute (Wolpe).




AGGIORNAMENTO

Desidero segnalare il persistere sul campo di alcune teorie alternative a quelle citate nell'articolo.

TEORIA COGNITIVA

Secondo questo approcio l'ansia e' causata da pensieri irrazionali o disfunzionali sulla realta'. Questi pensieri sarebbero come dei "filtri" in grado di distorcere l'analisi obiettiva di quanto accade alla persona e indurrebbero ad interpretare gli eventi in termini minacciosi. Cosi', ad esempio, una persona fortemente dipendente dal giudizio degli altri, che ritenga di non essere abbastanza intelligente o brava ad esporre il proprio pensiero, tormentata dal timore di essere giudicata negativamente e perdere la loro stima o la loro benevolenza se le idee da esporre sono diverse da quelle professate dagli altri(nonche' altri innumerevoli pensieri negativi che vi lascio immaginare), sara' presa dal panico all'idea di dover esporre il proprio pensiero; manifestera' sintomi psicosomatici, se parlera' lo fara' in modo inadeguato ma potra' anche non riuscirci affatto. La fobia degli esami e di parlare in pubblico ne sono un esempio. Alcuni esponenti di questa teoria sono A. ELLIS, A.T.BECK, COOK, NEWMARK, FRERKING.

TEORIA UMANISTICO-ESISTENZIALE

Secondo gli umanisti ogni persona deve crescere in un ambiente che lo rassicuri con affetto e giudizi positivi.Bambini ipercriticati da genitori e educatori saranno da adulti ipercritici verso se stessi.Sono perennemente scontenti di cio' che fanno avendo adottato standards autovalutativi molto severi. Poiche' gli insuccessi rispetto a questi standards sono vissuti come fallimenti della loro vita sviluppano fobie come meccanismo di difesa verso cio' che puo' rappresentare una minaccia per il proprio concetto del se'.
Gli esistenzialisti, inoltre, enfatizzano nell'analisi eziologica la discrepanza esistente tra comportamenti che non rispondono alle autentiche aspirazioni della persona e questo bisogno di autenticita'. Ansia, panico e fobie si manifesterebbero nelle persone che diventano consapevoli che le loro azioni non sono in armonia con i desideri del se' autentico( Rogers,Maslow).

TEORIA BIOLOGICA

Si tratta di un approcio molto debole; non vi sono prove della ereditarieta' delle paure e fobie.Tuttavia e' interessante l'emergere di prove che mettono in evidenza il ruolo della gracilita' costituzionale (Lacey) o dello stress cronico (Seligman) come fattori che facilitano l'acquisizione delle fobie.

Torino, 1-8-96